Non c’è stato il pienone che forse gli organizzatori avevano sperato, ma buttali via 350 commensali stretti intorno a una bandiera in zona aeroportuale. Quando non si decolla dalla pista di rullaggio, lo si fa con le emozioni e la passione. Colorate di nerazzurro, of course. Chi non è riuscito ad accaparrarsi biglietti, voli, torpedoni e pacchetti viaggio assortiti per Lione-Atalanta, ieri sera, aveva un trivio davanti: starsene sul divano incollato a TV8 o Sky, scendere al bar più vicino oppure optare per la trovata del maxischermo a Oriocenter, il santuario degli interessi nel terziario della presidenza Percassi.
Un’esperienza totalizzante e socializzante, come essere in curva al vecchio “Comunale” che ora manco lo è più ma senza stare all’addiaccio, anche se verso quanti si sono assicurati i 2.816 tagliandi del Parc OL una punta d’invidia è inevitabile. A sorpresa, tra magliette a tema, sciarpe e bandiere letteralmente spremute a mo’ di colori sulla tavolozza per dipingere l’esultanza sulla magica punizione del pari del Papu Gomez, ottenuta grazie a una proiezione offensiva del bergamaschissimo Mattia Caldara, l’eroe a chilometro zero, ecco due vip.
Il tecnico dei cugini ed ex co-affittuari del santuario del pallone, Massimiliano Alvini, certo non lì per rappresentare il suo AlbinoLeffe: “In attesa di studiarmi per la decima volta il video sul Bassano che dobbiamo incontrare domenica, sono qui con l’intenzione di guardarmi un bel film. Anche se l’Atalanta è un bel vedere”. Il mister di Fucecchio, il Montanelli della panchina, resta lì mezzoretta in piedi e poi si dà.
Agganciato alla seggiola da un mix di tensione e voglia di studiarsi la sfida più impervia del previsto, invece, Flavio Carera, il più grande cestista bergamasco di tutti i tempi, accompagnato dalla sua metà Cristina e dal solito stuolo di amici, uno che ancor prima di mietere successi in Nazionale (argento a Barcellona ’97) e nella Virtus Bologna (tre titoli italiani, una Coppa Italia e una Supercoppa) da baby dell’Alpe Bergamo era solito scappare dalle sessioni sul parquet di Charlie Recalcati per andarsi a vedere la sua amata Dea, non bastandogli mai la palla a spicchi: “I ragazzi hanno saputo soffrire e stringere i denti ma anche reagire, andare sotto a tiro dell’intervallo è stata dura. Quando subisci il possesso palla sessanta a quaranta non puoi fare altro. Ora con tre punti coi ciprioti avremmo la qualificazione in tasca”.
Uomini di sport e comuni cittadini innamorati del calcio, piluccando l’apericena e sbocconcellando pane, pizzette e pallone in una nottata da consegnare alla Storia.
