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Mai fare i Conti senza l’Osti. Gli 8 ex di Samp-Atalanta

C’è il medico e il dirigente. Anzi, tre. Uno dei quali proiettato sul reclutamento dei campioncini del futuro. C’è il canterano ripudiato troppo presto e la punta di diamante che ha da ridire sul fronte del suo recente passato, incapace di sgrezzarla. C’è pure Francesco Conti, oggi vice di Marco Giampaolo e ieri di Gigi Delneri nel suo biennio (2007-9) sotto le Mura. In Sampdoria-Atalanta di quelli coi tacchetti sotto le suole ne mancherà sicuramente uno. Ma basta dare uno sguardo al di là della riga di gesso per rendersi conto che la sfida nella sfida di domenica tra volti conosciuti è qualcosa che viene dal profondo. E riguarda organigrammi, programmazione e risorse fuori dal campo almeno quanto i protagonisti a pelo d’erba. Nell’ottovolante di ex sulle opposte barricate a “Marassi” c’è una carta che il giudice sportivo ha escluso giocoforza dal mazzo, il Cagnàss, alias Edgar Barreto, l’uomo d’ordine che tampona e si sgancia centrando discrete carocchie o superbe testatone, colui che a Bergamo poté dire la sua quasi solo in serie B e dopo la parentesi di Palermo s’è già preso le sue belle soddisfazioni, come azzeccare il matchball nella remuntada del 28 agosto dell’anno scorso svettando a fil d’intervallo sul cross di Muriel.

Tolto dalla mischia per ragioni disciplinari il paraguaiano, gemello diverso del cileno Carlitos “Siete Pulmones” Carmona che proprio nello scontro diretto precedente sotto la Lanterna s’era fatto cacciare per due gialli su Muriel (21′) e Linetty (42′), di professionisti della pedata finiti sul versante opposto ne restano comunque uno per parte. Il più avvelenato a rigore dovrebbe essere Andrea Petagna, toccata e fuga da milanista in prestito tra fine estate e inizio inverno del 2013 con scampoli all’attivo contro il Diavolo, il Sassuolo e la Lazio, tra Delio Rossi e Sinisa Mihajolivic arrivato a sostituirlo il 20 novembre, a un poker di rotazioni terrestri dalla sfida ai biancocelesti. Di là invece c’è il ragazzo della bassa Valseriana, Jacopo Sala, jolly di fascia o interno classe ’91 svezzato dalla Virtus Oratorio Gazzaniga, spostatosi all’AlbinoLeffe a 8 anni, rapito da Zingonia a 10 e partito nemmeno sedicenne alla volta del Chelsea per poi fermarsi ad Amburgo e Verona senza mai trovare il posto assicurato: a questo giro, tre gettoni dal kick off nelle prime tre giornate, contro Benevento, Fiorentina e Torino.

Tra la volta di plexiglass, la tribuna d’onore e la scrivania troviamo un assortito quartetto di specialisti. Pronti via, si comincia dal duo investito di poteri decisionali. Il direttore generale percassiano Umberto Marino, piovuto come la manna dal cielo nel settembre di due anni fa a Zingonia dopo il fulmine a ciel sereno delle dimissioni del quasi omonimo Pierpaolo, andando a ritroso s’era fatto un biennio allo Spezia dopo una stagione soltanto all’Inter e una decade piena da super-amministrativo in blucerchiato. Il suo contraltare dell’ottava giornata di serie A è il direttore sportivo doriano, quel Carlo Osti che dopo un quadriennio dovette abbandonare Bergamo nel passaggio del pacchetto di maggioranza dai Ruggeri ai Percassi in seguito alla rovinosa caduta in cadetteria nella primavera del 2010, lasciando comunque in eredità la plusvalenza Schelotto, pescato dal Cesena e in seguito rivenduto alla Beneamata a peso d’oro.

Se l’uomo di Vittorio Veneto ha alle spalle anche un’ottima carriera da terzino-stopper tra Udinese, Avellino, Juventus, Piacenza e appunto Atalanta, 94 presenze e 1 gol tra 1978-1979 e 1984-1988 nei soli campionati sotto Titta Rota, Nedo Sonetti ed Emiliano Mondonico, fuori dal rettangolo verde ci sono pure un ligure trasmigrato ai piedi delle Orobie e un bergamasco che ha fatto fortuna in Riviera. Il medico sociale della prima squadra nerazzurra, l’albenghese quarantaquattrene Marco Bruzzone, ha preso servizio cinque estati or sono dopo l’esperienza fugace di Sassuolo, ma è a Bogliasco che s’era fatto le ossa smazzandosi la trafila delle giovanili tra 2002 e 2011. Un uomo dal cuore diviso a metà, forse come Stefano Ghisleni, che del Doria è il responsabile del progetto Next Generation, un sistema integrato di crescita e scouting di giovani leve tramite affiliazione con dieci centri tecnici e sette società sparse per la Penisola.

Un bergamasco purosangue del ’67, ingiustamente poco noto al grande pubblico considerando incarichi e know-how nel settore. Laureato in economia con tesi “Il Service Management applicato alle società di Calcio. Il caso del Settore Giovanile dell’Atalanta B.C.”, ha all’attivo ruoli di istruttore e formatore nel vivaio atalantino agli ordini di Mino Favini dal 1999 al 2003, una prima esperienza alla Samp nel corso della quale ha conosciuto la moglie Emanuela (che gli ha dato i figli Nicolò, Luca, Marta e Chiara), la responsabilità del vivaio del Bergamo Cenate (2005-2006) allora in serie D, analogo titolo nel Pergocrema dal 2006 al 2010 e quindi all’Hellas Verona per una parentesi prima del rientro alla base adottiva. Insomma, tra una sponda e l’altra navigano a vista professionisti coi fiocchi, non solo col pallone tra i piedi. La cifra di due club che quanto a serietà e curriculum non scherzano mica.

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