Nel mondo degli affari Paolo Mantovani, morto questo stesso giorno 24 anni fa per un male incurabile, era il classico self made man. Uno che da dipendente di una potenza con base a Genova come la Cameli Petroli, attività armatoriale e petrolifera insieme, fu capace di sganciarsi come il serbatoio di un razzo sparato in orbita fondando coi soci Renzo Noli e Mario Contini la Pontoil, la base per strappare lucrosi contratti al governo venezuelano nei favolosi e convulsi anni settanta.
Ma nel calcio è stato colui che rivoluzionò la posizione della Sampdoria nel panorama nazionale. Domani, in occasione della gara con l’Atalanta, verrà proiettata la sua ministoria essenziale sul maxischermo di “Marassi”, il teatro dei suoi copioni in grande stile. Il 3 luglio 1979, dopo esserne stato l’addetto stampa dal ’73 al ’76, spesso elargendo premi partita a suon di banconote arrotolate, acquistò la società portandola dalla B al riempimento costante della bacheca dei trofei, grazie soprattutto ai gemelli del gol Gianluca Vialli e Roberto Mancini, arrivati all’apice con lo scudetto del 1991 sotto Vujadin Boskov: tre Coppe Italia (1985, 1988 e 1989), una Coppa delle Coppe nel 1990, il titolo nazionale e e la Supercoppa Italiana nel 1991.
Il più grande rimpianto fu la Coppa dei Campioni persa a Wembley nel ’92 dal Barcellona per la punizione-missile di Rambo Koeman. Graeme Souness, Trevor Francis, Srečko Katanec, Oleksij Mychajlyčenko e Vladimir Jugović nel suo carnet di scopritore di talenti, che grazie ai diesse Claudio Nassi e Paolo Borea fu capace di elevare al rango di giocatori da Nazionale anche Moreno Mannini, Fausto Pari, Attilio Lombardo, Luca Pellegrini, Gianluca Pagliuca e Pietro Vierchowod.