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Quando l’Europa porta male al mister

Se in campionato finora l’Atalanta sta andando sotto le aspettative ma nemmeno troppo, a Gian Piero Gasperini nessuno ha il diritto di rompere le scatole in materia di Europa League. Alzi la mano chi in sede di pronostici in avvio di stagione avrebbe mai dato per scontato, a due giornate dal termine del girone di qualificazione, il primo posto ex aequo con il Lione ma a favore di quoziente reti. Nonché la quasi certezza di proseguire il discorso nelle eliminatorie dai sedicesimi di finale. Due vittorie e due pari sfruttando il fattore campo sono tanta roba, a maggior ragione se si considera che per giocare in casa ai bergamaschi tocca smazzarsi la trasferta a Reggio Emilia.

Ma lo spauracchio dell’uomo in sella non è legato al rendimento altalenante dei suoi in una serie A agguerrita fin dalle concorrenti dirette, prive dell’incombenza dell’impegno sui due fronti, quanto a una sorta di maledizione che ha colpito ben due dei suoi quattro predecessori che hanno disputato competizioni continentali sulla panchina dell’Atalanta. La prima vittima porta il nome di Carlo Alberto Quario, sostituto di quel Paolo Tabanelli che aveva vinto la Coppa Italia del 1963 portando la squadra alla storica qualificazione in Coppa delle Coppe. Esperienza senza precedenti esauritasi nel triplo confronto con lo Sporting Lisbona: 2-0 a Bergamo il 5 settembre ’63 (74′ Calvanese, 85′ Domenghini), 3-1 in Portogallo il 9 ottobre (5′ Figueiredo, 17′ Christensen, 63′ Mascarenhas, 76′ Bé), idem nello spareggio al Sarrià di Barcellona il 14 (21′ Nova, 24′ e 117′ Mascarenhas, 94′ Lucio). Al tecnico vercellese risultò fatale il 7-1 sulla gobba in casa con la Fiorentina il 3 febbraio 1964: passaggio di mano a Carletto Ceresoli e tanti saluti.

Il secondo sgabolatissimo mister della serie appartiene già all’era di Zingonia e perfino a quella primigenia di Antonio Percassi alla presidenza. Si tratta di Pierluigi Frosio detto Piero, monzese di origini valdimagnine, ex grande libero del Perugia di Castagner secondo senza perdere una sola partita dietro il Milan dello scudetto della stella nel 1978-1979. Lui il cammino europeo (Uefa) non poté nemmeno finirlo, perché il 4-1 subìto a Bari il 27 gennaio 1991 ne determinò la cacciata a favore di Bruno Giorgi. Che ne raccolse la gloria tirando fuori i suoi dai bassifondi ma sprecandola in coppa nei quarti di finale con l’Inter: occhiale casalingo il 6 marzo 1991, 2-0 altrui a San Siro (60′ Serena, 63′ Matthäus) due settimane più tardi. Eccellente, peraltro, il ruolino di marcia oltre confine dell’esonerato illustre: 0-0 (18 settembre ’90) e 1-1 a Zagabria il 2 ottobre con la Dinamo (54′ Boban, 60′ Evair su rigore per fallo su Caniggia), 1-0 a Istanbul (43′ Bonacina) il 24 ottobre e 4-1 al Fenerbahce il 7 novembre (2′ Evair, 55′ Perrone, 57′ Nicolini, 61′ Bonacina, 90′ Kartal), col Colonia 1-1 là il 28 novembre (autorete di Progna al 49′ e Bordin al 54′) e gol di Nicolini (16′) a risolverla al ritorno sotto la Maresana il 12 dicembre.

Insieme al compianto sosia pavese di Paul Newman, l’unico altro graziato dalla sgabola europea, manco a dirlo, è Emiliano Mondonico. L’artefice della risalita dalla B in contemporanea con la cavalcata in Coppa delle Coppe (per via della finale di Coppa Italia col Napoli della stagione precedente, l’ultimo atto di Nedo Sonetti) fino alle semifinali col Malines ormai entrate nella leggenda. Ma anche il protagonista di due posti Uefa consecutivi, il sesto e il settimo. E poco importa se prima di andarsene al Torino poté sfruttare solo il primo, nemmeno benissimo, per provare a sfondare la cortina di ferro: 0-0 a Bergamo il 12 settembre ’89, 2-0 per lo Spartak (28′ Cherenkov, 88′ Rodionov) il 26 a Mosca.

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