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Auguri a Cisse, il centravanti che ballò 3 sole partite

È una delle dimostrazioni viventi della fallacia di certi pregiudizi. Nel suo caso, la presunta ritrosia di Stefano Colantuono nel gettare i baby nella mischia: esordio in A a 18 anni e 12 giorni, Atalanta-Torino 1-2, e un altro paio di presenze di cui quella da titolare in un occhiale messinese a fine stagione. Di lui si può recitare una formula abusatissima: una grande promessa con un radioso futuro alle spalle. Uno sfondatore e un realizzatore d’area non lo è mai stato, con l’abitudine che lo contraddistingue di girare al largo del bersaglio arrivandoci non troppo spesso grazie all’atletismo debordante. Ma Karamoko Cisse, o Cissé, questa storia dell’accento non s’è mai capita fino in fondo, a ventinove anni suonati oggi, martedì 14 novembre, non può certo lamentarsi. Perché fare il centravanti nel Bari in B, per uno che prima della partecipazione al doppio salto del Benevento pareva destinato al limbo perenne nel terzo campionato nazionale, non è certo una condanna.

Da quel battesimo del fuoco il 26 novembre di undici rivoluzioni terrestri fa di acqua sotto i ponti ne è passata, ma il guineano di Koubia cresciuto a metà fra la Virtus Oratorio Petosino e la cantera di Zingonia non è stato proprio il massimo nel portarla al proprio mulino. Perché dopo il tris di occasioncelle al piano di sopra, mettiamoci anche gli spiccioli a San Siro contro il Milan, e l’infruttuoso prestito veronese in C1 (25 gettoni, 1 solo gol) rischiando pure di retrocedere con tre cambi della guardia (Colomba, Pellegrini, Sarri e Pellegrini), dalla comproprietà con l’AlbinoLeffe in avanti, da quel gennaio 2009 al sapore di risarcimento per l’affaire Peluso (fuori rosa per non aver voluto rinnovare il contratto, finì ai cugni ricchi), il picco di rendimento per tornare ai livelli per i quali pareva destinato il buon Karamoko non l’ha mai trovato.

Esaurito il proprio tempo bluceleste in Prima Divisione dopo cinque stagioni e mezzo da 106 partite e 21 gol (234 e 52 il totale), tra infortuni vari, avantindré con la panchina sotto le gestioni di Armando Madonna, Emiliano Mondonico, Daniele Fortunato, Sandro Salvioni, Alessio Pala, ancora Mindo – papà di Nicola, suo compagno per anni e penultimo scambio tra la Dea e i cugini di valle proprio prima di lui – ed Elio Gustinetti. Quindi la rinascita da capocannoniere a quota 12 nella Casertana allenata dall’ex atalantino Angelo Gregucci e poi da Sasà Campilongo. E l’inserimento felice, con un’altra dozzina nella porta altrui tra C e B, nelle alchimie degli Stregoni, tra il Mago di Floridia Gaetano Auteri e l’artefice dello storico balzo sul palconoscenico Marco Baroni. Che ha resisito un po’ più delle sue due apparizioni, scampoli finali con Samp (al posto di Puscas) e Bologna (Di Chiara), ovvero fino all’esonero del 23 del mese scorso. Adesso, l’ennesima vita da professionista, negli ambiziosi Galletti dell’ex mundial Fabio Grosso che sperano in un bel chicchirichì a primavera. Augurissimi.

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