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L’Atalanta e le punte spuntate, un tormentone infinito

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Decimo posto, ex aequo col Torino, prossimo avversario di campionato, e ottavo attacco della serie A. La speciale graduatoria della concretezza offensiva in termini assoluti consegna all’Atalanta una posizione quasi equivalente a quella in classifica generale. Solo le sei big e la Fiorentina hanno messo più palloni nel sacco, ma la particolarità dei bergamaschi è proprio il reparto avanzato atipico, con un mediano reinventato sulla trequarti come Bryan Cristante a fare fin qui la voce grossa: sono 8, 5 in regular season e 3 in Europa League.

L’Eco di Bergamo di stamani calca la mano sul tormentone delle punte nerazzurre che segnano col contagocce analizzandone pro e contro. La questione fondamentale è che il Papu Gomez, sempre la più qualitativa delle bocche da fuoco, non si sta ripetendo sui livelli della passata stagione anche per via degli infortuni che l’hanno limitato spezzando la catena di sinistra con Spinazzola e obbligandolo a due soluzioni: uno contro uno o palla in mezzo per l’inserimento di un centrocampista. Secondo il quotidiano cittadino anche l’atipicità di Andrea Petagna e la sua diversità tecnico-tattica da un Andreas Cornelius che punta la porta e basta, due centravanti che insieme non arrivano alle reti di Cristante nemmeno con l’Europa League (2 a testa entro i confini, 1 il triestino e 2 il danese fuori), stanno facendo il gioco del giocatore più in vista dell’autunno atalantino sui due fronti.

Su quello interno i due esterni di classe, Gomez e il discontinuo Josip Ilicic, panchinaro fisso a Liverpool giovedì scorso e subentrato a Toloi contro il Benevento, assommano insieme (3+2) la stessa cifra sotto porta del numero 4. Anche se l’argentino ne ha segnati un paio importanti in coppa (Everton all’andata e Lione) sfornando 6 assist di cui la metà dalla bandierina. In totale 2 gol in più rispetto alle prime 16 partite del 2016-2017 poi concluso in modo trionfale

Tornando ai due “numeri 9” (ma Petagna ha un 2 davanti), Cornelius non può soffrire gli spazi stretti e a parte Goodison Park per infilarla ha bisogno di spazi sterminati (vedi girata vincente dal limite col Sassuolo, servitagli da un’azione partita della metà campo bergamasca con lui a seguirla) o di entrare a difese altrui aperte (matchball contro il Bologna), mentre il mancino più tecnico è il tipico ariete che sa tessere pazientemente la tela di Penelope della manovra. Così è fatta la Dea. Che il tormentone di quelli pagati per metterla e fanno una fatica boia continui pure.

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