“Il Milan è un’incognita, il cambio di allenatore si fa quando si prende atto che non si può fare altrimenti. Non puoi mandare via trenta giocatori”. Così Gianluigi Lentini, esterno offensivo di talento che di Milan-Atalanta è uno dei doppi ex più tecnici e raffinati che si ricordino: “Ma non vedo il paragone con Gomez e Ilicic – replica il 48enne di Carmagnola, che fa il ristoratore e ha un’azienda agricola che produce miele, nell’intervista di oggi su l’Eco di Bergamo -. Forse la sterzata di Gomez con la caviglia ricorda la mia, ma io sono venti centimetri più di lui e pesavo chissà quanti chili di più”.
Sulla crisi rossonera, il prodotto del vivaio torinista, il giocatore più pagato dell’epoca con i 65 miliardi sborsati da Silvio Berlusconi per strapparlo alla maglia granata nel 1992 ma anche penalizzato dallo schianto in autostrada il 2 agosto dell’anno successivo, è netto: “Il cambio di proprietà e i nuovi dirigenti alla lunga incidono. Sui giocatori che deludono, si fa presto a dire Kalinic e Chalanoglou: nessuno sta rendendo secondo le aspettative. E hanno il coltello puntato alla schiena, mentre i nerazzurri contano sulla loro spensieratezza”.
Infine, l’inevitabile amarcord: “Nel 1996 Emiliano Mondonico tornò a Bergamo (avevano vissuto insieme la finale di Coppa UEFA con l’Ajax, quella della sedia brandita dal mister ad Amsterdam, ndr) e mi volle, il Milan mi cedette in prestito – chiude Lentini -. È stato bello giocare con Inzaghi e Morfeo davanti, Foglio a destra e il sottoscritto a sinistra. Dietro, Bonacina correva, Gallo e Sgro pensavano. Mi sono divertito, seguo ancora le mie ex squadre. Il rendimento del Torino non è pari alle attese, per l’Europa League chi sta meglio è l’Atalanta”.