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Gasperini e i tifosi atalantini: amore a prima s-vista

“Che fretta c’era, maledetta Primavera”, cantava Loretta Goggi. Anche il Gasp ha sempre avuto fretta, fin dai tempi del Genoa, di far sbocciare la Primavera nei campi del calcio che conta. “Il mio sogno è sempre stato quello di puntare sui giovani”. E lui, il Gasp che guai a suggerire la formazione giusta alla vigilia della partita, all’Atalanta ha trovato pane per i suoi denti. Gli atalantini, tifosi dal cuore grande che vivono per la squadra della città in cui sono cresciuti, lo sapevano bene: Zingonia è la fucina dei veri talenti. A quanti di loro si è spezzato il cuore nel veder partire giovani in erba per altri lidi…Finché è arrivato lui. Ma non è stato amore a prima vista. Perché l’Atalanta aveva alle spalle una storia troppo abitudinaria, fatta di giovani mandati in pasto alle big, con i veterani che a fine carriera sceglievano la piazza di Bergamo. La nostra Primavera fioriva nelle giovanili ma lì, ormai da un po’ di tempo a questa parte, restava.

Il campionato 2016/2017 dell’Atalanta poi non era iniziato nel migliore dei modi e ai tifosi questo Gasp stava stretto, si cominciava a rimpiangere il pragmatico Reja e il Colantuono della cavalcata in serie A. “Siamo alla canna del Gasp”, esclamavano sempre i più ironici, ma c’era già qualcuno che al primo di ottobre, quando ancora non sapeva se il suo nome si scrivesse Giampiero, Gianpiero o Gian Piero, voleva la sua testa. La settimana prima del match della vita si vociferava già la verità: la panchina del Gasp era saltata, si attendeva solo la formalità della sconfitta casalinga contro il Napoli. Ma quale Napoli? I tifosi guardavano già oltre, al dopo Gasp. I nomi più caldi? Pioli e Prandelli. Ma questa formalità non è mai arrivata.

Persino patron Percassi, primo tifoso del Gasp, iniziava ad avere qualche perplessità. E nonostante conoscesse lui per primo il valore della rosa giovanile, gli venne un infarto la sera prima del 2 ottobre, lo stesso che colpì i tifosi alle 15.00 del giorno stesso al Comunale. Ma chi sono questi Conti, Caldara e Gagliardini schierati titolari? E ancora ci riprova a inserire il cadetto Petagna? “Ci sta prendendo in giro perché è già stato licenziato e vuole beffarci”, grugnivano i tifosi.

E invece. È bastato poco per capire che la sua arma vincente non era l’ironia ma il rischio, il giocarsi quel tutto per tutto nato da un’intuizione che univa nella stessa trama i pensieri degli atalantini allo stadio con il bandierone alto ma con troppe delusioni alle spalle per crederci davvero. Quei nomi sconosciuti il Gasp ha fatto presto a renderli eroi: dopo soli 90’ erano già sulle bocche di tutti e dall’odio e dal chi va là, ai sostenitori batteva già forte il cuore. Si erano innamorati. L’Atalanta che affonda contro il Palermo, le quattro sconfitte e gli ultimi posti di inizio stagione: solo un lontano ricordo prima della svolta.

I bergamaschi impazzirono per lui e questo “amore così grande”, giusto per citare un’altra canzone, cresce ancora oggi, ogni settimana di più. Il coro di “Gasperini, Gasperini alè alè” è piano piano divenuto l’inno più cantato delle dediche ai vari Gomez, Conti, Kessié, Gagliardini. Il suo autografo il più conteso, il suo nome il più temuto nel mercato estivo. Perché guai a chi si fosse ripreso l’uomo dell’anno all’ombra delle Orobie. Colui che poi ha vinto il prestigioso riconoscimento di “Allenatore dell’anno”, per la Gazzetta, perché per gli ultras di Bergamo lo era già da un pezzo. Lui li cita sempre, gli atalantini, e ad ogni conferenza stampa sottolinea grato il loro grande entusiasmo: un’ondata che lo stupisce sempre. Come ogni innamorato ricambiato che si rispetti, non ci ha ancora fatto l’abitudine.

Ed è per i tifosi che il tecnico di Grugliasco vuole fare e fa bella figura in Europa. Loro, per ringraziarlo, non vogliono far altro che portarlo sulle spalle alla sezione “arrivi” di tutti gli aeroporti europei. Oltre a dedicargli una statua e, visto che si pensa di sostituirla a quella dell’eroe dei Mille, noi giornalisti atalantini gli auguriamomille di questi giorni, per la Dea, e mille di altri anni per lui, che a sessanta primavere scatta ancora come un giovincello nel rettangolo verde della panchina. E, diciamola tutta, un anniversario così importante ha tutto il dovere di essere accompagnato da una statua.

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