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Castro, El Papu e Maran: il trio del mitico Catania che sfiorò le coppe

El Pata, stavolta, potrà riabbracciare l’amico El Papu rigorosamente fuori dal rettangolo verde. Niente rendez-vous in campo tra amici, niente menage-à-trois dei ricordi col mister di quell’epica impresa a tinte rossoazzurre. Per un Lucas Castro che recupera dalla convalescenza post operatoria al collaterale mediale, il confronto tra Atalanta e Chievo rimane privo del Papu Gomez.

Colpa della schiena, che costringerà il fantasista e leader nerazzurro a rivivere dalla tribuna, sul filo della memoria, l’ottavo posto all’ineguagliata quota 56 del mitico Catania del ciarliero e polemico presidente Pulvirenti e di Rolando Maran, il tecnico delle meraviglie di quel 2012-2013 irripetibile, ora in sella ai Mussi che la scorsa estate avevano rischiato di vederlo partire per Bergamo.

56 punti e la zona coppe mancata mica di tanto, per l’erede sulla panchina degli staffettisti Marco Giampaolo-Diego Simeone e di Vincenzo Montella, i primi mentori del funambolo bonaerense al suo sbarco in Italia a far data dal lontano 2010. Tutti tecnici saltati dall’ex compagno, approdato nel Belpaese con due rivoluzioni terrestri di ritardo, uno che si fece poi anche De Canio, Pellegrino (Mauricio, mica Maxi), Sannino e Marcolin. Allora il verbo era il 4-3-3 con poche divagazioni, il Papu stava a sinistra, zolla che occupa pure adesso che fa la seconda punta larga con licenza di accentrarsi nel 3-4-1-2 asimmetrico by Gian Piero Gasperini.

Castro, invece, scuola Gimnasia y Esgrima della natia La Plata, passato anche dal Racing Avellaneda ma senza sfiorare nemmeno l’altro atalantino Maxi Moralez, giocava ala destra senza disdegnare ruoli da mezzala o addirittura falso nueve, idolo dei fantacalcisti perché quando non smazzava assist buoni per il bonus o non segnava, quasi quanto Gomez (13, 5 in meno) con un triennio a cranio a disposizione, la sufficienza abbondante in pagella era il minimo che potesse prendere. Un anno a dividerli, ’88 il diabolico dribblomane dalla sterzata letale e dal tiro dalla bellezza impossibile, ’89 il tuttofare che aspira a riprendersi le redini dei Mussi Volanti già dalla disfida domenicale. Domani, soltanto i lombi da crack di quello più corto. In due, in una sola annata insieme, con quel demonio di Gonzalo Bergessio a finalizzare (13 in A, 15 in tutto ), avevano scritto la Storia. Toccherà loro raccontarsela in borghese fuori dagli spogliatoi.

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