“Come calciatore a Bergamo sono stato una meteora, ma l’Atalanta è un pezzo di me. E rimane il fiore all’occhiello in Italia per il reclutamento e la crescita delle giovani leve”. Andrea Bruniera in nerazzurro si è fatto un biennio in Primavera e basta, prima di diventare grande tra Ancona (promozione in B nel 1988, in A tre anni dopo) e Udine (89/90 in prestito) da libero con un passato in mezzo al campo e poi come vice storico di Armando Madonna: “Un amico delle giovanili ritrovato sulla panchina dell’AlbinoLeffe nel 2007: ero già il vice di Elio Gustinetti. L’ho seguito a Piacenza, Livorno e Portogruaro, poi a Lanciano e Pescara stesso ruolo con Marco Baroni. Da tre stagioni rieccoci insieme”.
Due prodotti atalantini alla guida della Virtus Bergamo.
“Siamo compatibili per carattere e metodologia di lavoro. Sono felicissimo di fargli da secondo, lui ha un senso del calcio come pochi altri. Io mi accodo e imparo. Ma in realtà sono cresciuto nel Montebelluna, che aveva un rapporto forte con l’Atalanta: arrivato qui diciottenne, fui parcheggiato nel vivaio. Il mio compagno Maurizio Sandri invece giocò le due stagioni cadette con Bianchi e Sonetti”.
Oggi lei ne compie 54. Negli anni ottanta dal Veneto a Bergamo siete emigrati in parecchi. Quasi tutti della sua generazione.
“Dal Trevigiano in particolare: evidentemente siamo un ceppo solido e valido. Marino Magrin su tutti. Claudio Foscarini e Diego Bortoluzzi pure, Valentino Fornasier dopo di me. Io vengo della stessa società di Domenico Moro che ha due anni di più: ci conosciamo, ma in pratica l’ho inseguito senza mai giocarci insieme”.
Rimpianti per non aver mai esordito in prima squadra?
“Tirando le somme e conscio delle mie possibilità, sono contento della mia carriera. Ho trovato la mia strada altrove togliendomi grandi soddisfazioni. Ho lavorato con due atalantini purosangue come i fratelli Cadè: Giuseppe era l’allenatore della Primavera con cui disputai il Trofeo Dossena nel 1984; tra quell’annata e la prima (sotto Nado Bonaldi) c’erano lo stesso Mindo, i vari Pacione e Donadoni ormai aggregati ai grandi, Consonni, Valoti, Garbelli, Barcella e Maffioletti. Giancarlo invece portò Ancona, dove ancora risiedo, dalla C1 alla B. Rispetto alle figurine Panini di allora ho solo un filo di barba più bianca e molti ricci in meno (ride, ndr)”.
La Bergamo nerazzurra era proprio nel destino…
“Mi ha dato tanti amici e buona parte del mio lavoro dopo aver appeso le scarpe al chiodo, ma ancor più la famiglia. Mia moglie Simona è di Ponte San Pietro. Comunque ho allenato anche altrove, da responsabile tecnico tra i professionisti a Fermo e Gualdo e nella Primavera del Verona. Andrea Brighenti, l’attaccante della Cremonese che sta facendo bene in B da neopromossa, è stato fra i miei allievi”.
Va ancora a vedere l’Atalanta?
“Certo, quando gli impegni me lo consentono. È un grande piacere ammirarla in Europa. Questa squadra sta contagiando tutti per il calcio che esprime, non solo chi la tifa. Ed è sempre un pezzo di me, allora come oggi”.