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Bodi e Savoia, il precursore di Scirea: auguri per due

Uno fu tra gli alfieri nella Dea di Ferruccio Valcareggi, undici rivoluzioni terrestri più tardi ct della Nazionale vicecampione del mondo nell’avventura messicana del 1970. L’altro in quella di Giulio Corsini. Ad accomunarli, con dieci anni esatti di differenza, solo il compleanno. Giorno che vai, atalantino a spegnere le candeline che trovi. Il 28 febbraio ha dato i natali a Luigi Bodi, teoria di allacciate di scarpe anonima nel 1959-1960 con 15 presenze in campionato e 2 in una Coppa Italia da fuorusciti ai quarti con la Juventus per sorteggio (2-2 nei tempi regolamentari, 6-6 ai rigori), e Giancarlo Savoia, colui che andandosene da Bergamo dopo un buon triennio dal 1970 al 1973 nella cornice di una promozione e di una retrocessione lasciò il posto all’astro nascente Gaetano Scirea.

Il primo, istriano di Pola, classe 1934, cresciuto nel Torino e passato anche per Alessandria e Bologna, avrebbe vinto il trofeo della coccarda nel Napoli cadetto di Bruno Pesaola nel 1962. Faceva il mediano destro (ma con propensione al gol, una decina tra A e B) all’epoca del tramonto del sistema (o WM) e del quadrilatero di centrocampo, quello completato dalle mezze ali, a un amen dal catenaccio e dall’introduzione in pianta stabile del libero, in realtà “scoperto” in Italia da Alfredo Foni che nell’Inter bicampione tra 1951 e 1953 usava allo scopo il terzino Ivano Blason. Bodi, il 4 sulle spalle quando non ce l’aveva il “Gabbiano” Stefano Angeleri, in nerazzurro si trovò in un reparto col marmoreo svedese Bengt Gustavsson centromediano e il raffinato Rino Marchesi a giostrare sul centrosinistra, tra le prime escursioni da titolare di un certo Pietro Gardoni, mentre a inventare e finalizzare ci pensavano i vari Humberto Maschio, Pierluigi Ronzon, Pino Longoni ed Enrico Nova.

Avrebbe poi giocato anche con Novara, Savoia, Sestrese e Imperia, teatro di una delle sue stagioni da allenatore con escursioni ad Asti, Omegna, San Remo, Olbia, Modica, Biella, Acireale e Termoli. Il figlio Renato, attuale consulente della comunicazione della Virtus Entella, fu direttore generale del Torino alla fine del secolo scorso sotto la presidenza Vidulich. Savoia, invece, veronese di Bussolengo di solidissima scuola Hellas, nella storia della società bergamasca figura come il predecessore nel ruolo di uno dei più grandi di tutti i tempi, che cominciò a rimpiazzarlo da quel 24 settembre 1972 nell’occhiale di Cagliari, dopo le giovanili iniziate da ala destra e proseguite da centrocampista. Il neo settantaquattrenne, sbolognato al Como dove non riuscì a centrare il terzo salto di categoria (il primo a casa sua, nel ’68) di una carriera con più di 400 gettoni da professionista (307 solo in B), finì la sua parabola al Perugia. Anche lui giocò con Antonio Percassi, allora rude marcatore laterale o saltuariamente centrale, ma questa è un’altra storia. Auguroni.

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