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2 maggio, auguri anche a Baldizzone e Mereghetti

Non solo Diamanti: il 2 maggio è il compleanno di un genovese che ha deciso di darsi alla pizza e di un eroe della Coppa Italia ’63

Non solo Alino. Quasi ogni giorno, tra gli atalantini di ieri, di oggi e di sempre, ce n’è qualcuno che festeggia. Oggi, 2 maggio, oltre Diamanti c’è di più. Amedeo Baldizzone, un difensore, uno della leva di Luciano Magistrelli nella Primavera con gol (al Monza, edizione 1979) al Trofeo Dossena di Crema, un mastino di quelli che ti si appiccicavano addosso e addio libertà di entrare in porta con la palla. E Mario Mereghetti, un 10 classico dell’epoca, una mezzala di punta (mezzala sinistra, recitava inizialmente l’album di figurine Panini) il cui nome è iscritto a caratteri d’oro nell’album dei ricordi più bello della storia della ninfetta: la Coppa Italia del 1963, data 2 giugno, stadio “San Siro” di Milano, in cui lui apre di sinistro per la volata irresistibile del triplettista Angelo Domenghini.

BALDIZZONE: WILMA, PASSAMI LA PALA. Del genovese di città cresciuto nel settore giovanile che giocava in terza linea, neo cinquantottenne, fa decisamente più rumore il post ritiro. Allenava gli Esordienti B dell’AlbinoLeffe, nel dicembre del 2008, dopo averlo fatto in provincia fra i dilettanti con Zingonia, Orio e nel vivaio del Casazza, ed ecco la svolta: dal gennaio successivo eccolo a Barcellona, dove vivevano da tempo i figli Filippo e Alice (Alessandro è ancora da noi), precisamente nel paesetto di Premià, a una ventina di chilometri, nella “Pizzeria Porta Nuova” gestita insieme alla moglie Wilma. Lui si occupa della preziosa focaccia alla napoletana, la consorte delle specialità made in Bergamo. Sul campo? Stop a 24 anni, a Piacenza; 11 presenze in A di cui 9 a Cagliari, esordio in nerazzurro (maglia numero 3, ma solitamente aveva la 5) nello 0-1 casalingo con l’Inter il primo aprile ’79 con Titta Rota, un altro match da titolare (out nella ripresa per Augusto Scala) con la Juve al piano di sopra, la stagione della retrocessione in C1 (1980/81) sotto Bolchi e poi Corsini, l’addio alle Mura per la Sardegna, il crack al ginocchio nel novembre ’81 e, appese le scarpe al chiodo, 24 anni da formatore e tecnico in provincia.

IL MEREGHETTI DEL PALLONE. Forse non un manuale del calcio come l’omonimo del cinema, ma Mario da Ossona è pur sempre un prodotto della primissima Inter morattiana e in parte herreriana, vedi annata 1961-62 dopo gli inizi (19 aprile ’57 contro la Lazio, la prima in A) da ala destra e il prestito a Udine. Arrivato all’Atalanta, subito il trofeo con Paolo Tabanelli in panchina, sei gol (due alla Juve, nel 3-2 di Torino del 23 settembre ’62 e poi nel 3-6 in casa il successivo 27 gennaio) dei nove in totale in 125 presenze solo in campionato, il triplo scontro di Coppa delle Coppe con lo Sporting Lisbona coi vari Pizzaballa (rottosi in gara 2, gomito sinistro, con Calvanese costretto fra i pali), Pesenti, Nodari, Veneri, Gardoni, Colombo, Nielsen, Christensen e Nova. Dea fino al ’66, con allenatori come Quario, Ceresoli, Valcareggi, Puricelli e Angeleri, quindi Lazio senza vedere l’erba, biennio al Varese e chiusura nel Lecco in C (dal ’69 al ’71) prima di incarichi vari in seno alla Beneamata, da osservatore (Evaristo Beccalossi una delle sue scoperte) e nella fucina di futuri talenti. Tanti auguri.

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