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Malgioglio: i primi 60 anni del portiere dal cuore d’oro

Malgioglio con Ferri ai tempi dell'Inter: fu atalantino a fine carriera

Professionalità impeccabile, anche nei lunghi anni da dodicesimo, e impegno nella rieducazione motoria dei ragazzi disabili: mini storia di un campione nella vita

Festeggia oggi i suoi primi sessant’anni Malgioglio, non Cristiano ma Astutillo, non l’autore di testi musicali bensì la classica combo fra baffi e guantoni così in voga tra i Settanta e gli Ottanta del secolo scorso. Ma non è per la sua onorata carriera di portiere, vissuta spesso come dodicesimo, che va ancora oggi famoso il numero 1 piacentino, toccata e fuga a fine parabola nell’Atalanta del compianto Bruno Giorgi (1991-1992) arrendendosi allo strapotere interno di Fabrizio Ferron. Ci sapeva fare, era ed è la personificazione dell’onore e del rispetto, ma proprio in nome di quest’ultimo quel 9 marzo 1986, da laziale, osò l’inosabile: stanco dei cori contro gli handicappati, la cui riabilitazione motoria costituisce da sempre molto più di un secondo lavoro, nonché dello striscione “Tornatene dai tuoi mostri” (la Curva Nord dell’Olimpico non ha mai accreditato tale versione), a bocce ferme (4-3 per il Vicenza, per la cronaca) si levò la maglia sputandoci sopra.

IL SIGNIFICATO DI UN GESTO. Il marito di Raffaella e padre di Elena, attivo dal 1977 con la sua associazione Era77 (chiusa nel 2001 per mancanza di fondi e problemi personali di Malgioglio), un centro di recupero in primis per bimbi distrofici, quel lontano pomeriggio non si fece scrupoli a stropicciare il proprio aplomb di fronte a offese così vigliacche e volgari. Una ferita nell’anima che lo indusse a stracciare il contratto. E una medaglia d’onore che gli valse la chiamata di Giovanni Trapattoni all’Inter, da secondo dell’intoccabile Walter Zenga.

LA CARRIERA E IL CALCIO NON SONO TUTTO. Astutillo, un nome buffo per un cuore grande come se ne sono visti pochissimi nel dorato mondo del pallone, ha sempre inteso quest’ultimo come occasione di gioco e di svago, più che come strumento per conquistarsi le ribalte. Non a caso in bacheca, più che la Coppa Italia (1984) conquistata con l’altra sponda del Tevere e la combinazione scudetto-Supercoppa Italiana con la Beneamata (1989), i trofei da lustrare sono il premio Sportivo Più (1995) e l’ISUPP (2018), acronimo di “Io sono una persona speciale”. Avrebbe potuto esserlo anche da calciatore: giovanili nel San Lazzaro, vivaio a Cremona e Bologna con esordio in A subentrando a Franco Mancini il 22 maggio 1977 sul campo della Roma, quindi il Brescia per 6 campionati di cui l’ultimo al piano di sopra, la Pistoiese e la Lupa da cambio di Franco Tancredi, al posto del quale disputa da titolare il trofeo della coccarda 1984-1985. In Nazionale, anche lì uno più pubblicizzato a ostruirgli la gloria, Giovanni Galli all’Europeo Under 21 del 1980 sotto Azeglio Vicini. Ma Malgioglio la vera gloria sa cosa sia, non ha a che vedere col campo. Augurissimi, campione.

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