L’olandese tornato dal Middlesborugh nello scorso agosto sta convincendo anche i più scettici: le cifre dicono che il il vero motore dell’Atalanta è lui
3 gol (Roma, Bologna e Spal su rigore) in 32 presenze soltanto in campionato per 2.389 minuti giocati, e già qui si legge in controluce l’espressione “punto fermo”. Ma non basta a definire il ruolo di Marten de Roon nel copione di Gian Piero Gasperini, che ormai lo vede come regista: 1.316 passaggi positivi, 41 di media a partita, con 190 recuperi a 294 palle perse. La Gazzetta dello Sport in edizione odierna prova a dare i numeri per significare l’importanza del cavallo di ritorno dal Middlesbrough, arrivato a metà agosto e parso inizialmente spaesato e in ritardo di condizione, nell’economia del gioco dell’Atalanta.
L’APICE ALL’OLIMPICO. Contro la Lazio, l’altro ieri, il massimo del rendimento, senza mai rallentare il passo. Un lontano parente di quello che solo il 19 novembre scorso, a dispetto del ko all’inglese con l’Inter a San Siro, parlò di prima volta in cui si sentiva finalmente bene. Un mediano che rompe e crea, oltre a sfornare l’assist dopo un minuto e 36 secondi per l’apripista di Barrow (il secondo dopo Benevento, stesso beneficiario). E poi il gran lavoro su Lucas Leiva, arginato nel suo compito di metronomo tanto che i nerazzurri hanno gravitato sul 57 per cento di possesso palla.
QUESTIONE DI POSIZIONE. De Roon con Edy Reja giocava basso davanti alla difesa come aveva sempre fatto anche in patria, adesso è uno dei due del centrocampo e avanza spesso, vedi azione del vantaggio all’Olimpico. Facendo così bene per la causa che la nazionale Oranje, crisi generazionale e niente Russia 2018 come l’Italia, l’ha chiamato insieme ad Hans Hateboer per le due amichevoli di marzo contro Inghilterra (panchina) e Portogallo (22 minuti).