Due anni, A e B, tre allenatori per ciascuna stagione: l’esperienza dell’estremo difensore eporediese in nerazzurro
Non solo Orlandini. Tra le candeline nerazzurre di oggi, 9 ottobre, trova posto anche Giorgio De Rossi, che in due stagioni fra A e B a cavallo dei Sessanta e dei Settanta sorpassò nelle gerarchie tra i legni il mostro sacro Zaccaria Cometti e il quasi debuttante Marcello Grassi. Nativo di Ivrea ma svezzato nel Marzotto, la squadra di Valdagno allora di proprietà degli omonimi conti dell’industria tessile locale, uno dei portieri meno conosciuti dell’epopea dell’Atalanta compie 78 anni con la certezza di poter essere orgoglioso delle sue 65 presenze a difesa della rete in un’epoca non proprio di gloria.
DUE STAGIONI, SEI ALLENATORI. Arrivato a Bergamo nell’estate del Sessantotto da Prato, De Rossi, omonimo del secchione del libro “Cuore” di De Amicis, esordisce quasi ventottenne nella massima serie in casa contro la Juventus (3-3) il 29 settembre, collezionando 22 match in campionato, 3 in Coppa Italia e 1 in Mitropa Cup. Come quarto numero 1, in rosa, l’ex compagno valdagnese Claudio Mantovani. A Stefano Angeleri, in panca, succedono Silvano Moro e nelle ultime tre giornate, giocate dagli altri due nel ruolo, Carlo Ceresoli. Nel giro di corsa dopo, con Mino Baracchi presidente al posto di Attilio Vicentini, invece, il trio da rumba cadetto è Corrado Viciani, Renato Gei e Titta Rota. E nel 1970, con papà Achille, inizia ufficialmente l’era Bortolotti.
UN’ONESTA CARRIERA. L’eporediese cui piaceva giocare con le mani, nel palmarès, può dire di aver incrociato un momento di passaggio storico nella lunga vicenda della società bergamasca. Passato al Palermo nel ’61 come prima di lui l’altro prodotto del Marzotto Roberto Anzolin, curiosamente il suo sostituto dopo l’addio, De Rossi ha all’attivo anche la Maceratese (1965-1966), il Brindisi e il Piacenza, con chiusura a 34 anni. Auguri.
