
Il condottiero della Dea è probabilmente uno dei tecnici più sottovaluti negli ultimi dieci anni, ma ora che i risultati sono sotto gli occhi di tutti… È stata tutta colpa dell’Inter
Prima le stagioni positive inanellate con il Genoa. Poi le qualificazioni storiche in Europa League alla guida dell’Atalanta. Tanti giovani scoperti e lanciati, utilissimi per il calcio italiano e per generare quelle plusvalenze necessarie a dare al club orobico una forza economica che un anno fa, di questi tempi, non era nemmeno ipotizzabile. O forse sì, dipende dai punti di vista.
IL PASSATO. La domanda sorge spontanea: perché non allenare una big? La colpa è tutta di quella sciagurata parentesi all’Inter, sua prossima avversaria in campionato. Fu chiamato da Moratti dopo la stagione con Benitez e Leonardo alla guida ed esonerato il 21 settembre, meno di tre mesi dopo l’ingaggio. Accantonato da un gruppo che aveva vinto tutto e che senza un allenatore con il carisma di Mourinho, non era disposto a rimettersi in gioco.
IL PRESENTE. All’Atalanta va bene così, lo stratega di Grugliasco è uno che ama destreggiarsi negli scenari di crescita, quelli fruttiferi al calcio italiano pronti ad istituire modelli. D’altronde il dna di un allenatore si sa, è composto da fattori interposti, di lenta interpretazione. Semine a lungo termine, calcisticamente parlando, delle quali la Dea oggi raccoglie i frutti tenendosi stretta il suo contadino migliore.
