L’Atalanta ha riacceso i motori e adesso si muove a tutta birra verso una nuova qualificazione in Uefa Europa League
Andare a Reggio Emilia a giocare l’Europa per l’Atalanta è stato qualcosa di speciale. Certi che tornerà a succedere, oggi, ad un anno dall’1-5 rifilato in casa dell’Everton, è quanto mai doveroso riassume i pensieri dei tifosi. Ricordare uno dei fenomeni calcistici più belli, per Bergamo e per l’Italia.
Ecco cosa accadeva ogni volta sulla strada per Reggio Emilia.
VIA SPINO, BERGAMO. Sono le 14:30 e quello che si rivela di partenza in partenza essere un rito sta per iniziare. È la solita migrazione generazionale che scende in strada salutando ininterrotta, in questi giorni dove ciò che ci lega è più forte di chi conosciamo. Il saluto è per tutti quelli che portano un segno nerazzurro a sostenere che chi siamo, dipende direttamente da ciò che amiamo.
Neri e azzurri entusiasti al punto di ritrovo, le fasi sono 3: discesa in strada, raccordo e partenza perché – come scriveva nella notte dell’esordio in Europa Petagna – “Si tratta di una città in un’altra città” e tutto deve essere curato nei minimi dettagli. In autostrada saluteremo ancora e ci faremo salutare dai clacson dei sostenitori in marcia, che restano una delle cose più belle ed impressionati. Giochiamo in casa.
Qui pulman di coda. Per chi popola questa carovana UEL e campionato sono la stessa cosa: maglia sudata sempre. Nulla di preoccupante perché sui mezzi fa caldo quel che basta e appena iniziamo a muoverci sorridiamo, un padre dà una timida pacca sul ginocchio al figlio nel sedile accanto, quasi a tenersela per se tutta questa vicenda, per poi senza ritegno sfoderarla in fase 4. Ah già, quasi ci si dimenticava, la partita.
Poche cose quindi da dire. Le parole di questi racconti sono brevi, ma non piccole. Piccoli siamo noi che ad ogni magica partenza torniamo bambini.