A fine carriera la svolta professionale per assecondare una passione fuori dal calcio. A Bergamo da meteora, segnò alla Fiorentina rimanendo sempre una pedina di scambio
Hai voglia, vista la passione diventata professione una volta smessi i pani del difensore, a dire che il neo quarantaquattrenne Alessandro Rinaldi, da terzino destro in un gioco che si sviluppava sulle fasce come quello di Giovanni Vavassori, chiudeva e spingeva con la regolarità e la precisione di un orologio. Mise pure un gol, in maglia Atalanta, il pari sull’1 temporaneo quanto illusorio, il 16 settembre 2001 a Firenze, per rispondere a Nuno Gomes, prima che si scatenasse Chiesa senior (Enrico) con una doppietta. La classica meteora di mezza stagione.
LA MONETA DI SCAMBIO. Il romano, parziale contropartita nell’approdo di Ivan Pelizzoli alla Roma, con cui al secondo anno sotto Fabio Capello si era laureato campione d’Italia, si sarebbe confermato nello scomodissimo ma utile ruolo anche nel gennaio successivo per far tornare a Bergamo dal Chievo (Gigi Delneri in panca) Paolo Foglio. E ancora l’estate dopo, a Piacenza, per agevolare l’innesto del sinistro diabolico da fermo di Paolo Tramezzani. Finito in scadenza, visse da nemmeno ventinovenne un precampionato da triestino onorario per poi scegliere l’abbandono delle scene.
DAL QUADRARO ALLO SCUDETTO. Rinaldi, romano di periferia, ha la propria alma mater nel Consalvo, al Quadraro. Quindi il vivaio della Lodigiani e della Lazio, per farsi un mazzo così nella gavetta da professionista, dai 19 anni in su. Nola, Verona (allenatore Bortolo Mutti, ex nerazzurri come Diego Caverzan, Aladino Valoti e Lamberto Piovanelli), Ravenna con promozione in B, il Bologna di Carlo Mazzone (Intertoto ’98, con Oscar Magoni) e il resto lo sapete già. Ah, per inciso: 8 su 13 da titolare, perché il Vava gli preferiva Massimo Paganin con Gigi Sala e Massimo Carrera in mezzo, 6 punti per la squadra (Verona e Lecce) e altri 6 da riserva, più i due ottavi di Coppa Italia col Bologna (2-2 là, occhiale qua). Una carriera nemmeno decennale, ma il pallone nella vita non è tutto. Auguri.