Entrambi i simboli societari raccontano una storia antica che arreca un profondo significato simbolico
Una Dea e un’aquila: entrambe volano alto, ma questa sera dovranno scontrarsi in campo aperto. Dal mito greco fino alla scoperta del rapace sulle vette di uno dei primi presidenti-escursionisti, ecco a voi la storia dei due simboli che si scontreranno nel monday night.
DEA. La storia di Atalanta ai bergamaschi ormai è nota, è la figura mitologica greca, figlia di Iaso, re dell’Arcadia, imbattibile nella caccia e nella corsa: solo le tre mele d’oro dell’innamoratissimo Melanione, dono di Afrodite, posero fine alla sua imbattibilità. Tre mele d’oro, lo stesso bottino portato a casa dall’ultima gara di Udine, con altrettante reti dorate messe a segno dal bomber (pagato a peso d’oro) Duvan Zapata.
AQUILA. Diversa è la storia del rapace biancoceleste: la scelta dell’animale fu di Fortunato Ballerini, secondo presidente nella storia della società e anche della sezione di escursionismo. Proprio il suo amore per la natura e le escursioni portò Ballerini a incappare spesso nell’aquila tra le vette più alte, così scelse, nel primo logo del 1912, di posarne una sullo scudo societario. Sotto la presidenza Lotito l’Aquila ha fatto il suo ingresso in carne ed ossa all’Olimpico, prima della partite casalinghe dei biancoazzurri: i giri che l’aquila può effettuare nel cielo sono una previsione dell’andamento della partita.