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Dal Copenaghen al Genoa: Atalanta flop quando deve snaturarsi

Avversario fisici o chiusi, aggressivi o pronti a travestirsi da provinciali anche quando si tratta di big. Tutti gli scivoloni stagionali ai raggi X

La corsa all’Europa-tris è falsamente lastricata di certezze che nascondono trappole. Dalle tagliole dei fallacci alle botole dei ritmi cadenzati eppure sfiancanti che si spalancano sotto i tacchetti: ognuna ha la sua specialità. In principio fu Copenaghen: squadra fisica e nemmeno cattiva, solida, con le corsie blindatissime, un calcio alla Colantuono in versione latte condensato, ma dalla durezza sostanziale di una parete di marmo. Lì un’Atalanta da mezzo assedio, in calo netto al ritorno, pagò la lotteria dei rigori, con gli equilibri ancora impalatabili per il retrogusto amaro della malattia di Ilicic.

Ma se si pensa al flop di Marassi, ovvero furbizia intimidatoria altrui nel regalare calcioni senza farsi sgamare (Romero su de Roon dopo quasi 3 minuti, quindi il nemmeno ammonito Veloso sul cambio Pessina), ritmo costante forsennato e ricerca del contrasto ossessiva, s’intuisce il problema che mina alle basi la discontinuità di questa mezza stagione nerazzurra. Quando l’undici di Gasperini – fisico, rapido, a caccia della palla a tutto campo e tecnico dalla cintola in su – è costretto a snaturarsi dalle caratteristiche di chi ha di fronte, non potendo imporre il proprio gioco, anche i correttivi in corsa sono vani. Si cade, stop. E per rialzarsi serve ricaricare le pile ricominciando ogni volta da zero.

LE PICCOLE CHE FANNO LE GRANDI. Di compagini da salvezza o poco più capaci di metterla in difficoltà, la rinnovata creatura del Gasp ne ha incontrate fin troppe. La Spal del corsaiolo Lazzari e del vendicativo Petagna, doppiettista implacabile e anche fortunato, è stato il primo esempio lampante del campionato. Fin lì, nessuna aveva corso più della Dea. Era il 17 settembre. Inutile il rientro in campo nel finale di primo tempo del nazionale sloveno per ovviare ai disastri del tridente puro con uno Zapata in rodaggio e un Rigoni pressoché nullo, come nullo è stato quasi sempre al netto dei due gol alla Roma e di quello per acciuffare il 2-2 in extremis nella tana del Milan. Episodico anche se non proprio inspiegabile, invece, il ko di misura casalingo col Cagliari 15 giorni prima, a ridosso della pausa numero 1 per le nazionali. Un mix di inconcludenza e gesti tecnici errati, tipo l’uscita verso destra di Djimsiti per abbracciare Sau: punizione di Barella e si perde.

LA GRANDE CHE SA ESSERE PICCOLA. Il Napoli passato a Bergamo con Milik nel finale, invece, forte del subitaneo vantaggio di Ruiz sull’imbeccata di Insigne, il 3 dicembre scorso ha potuto pasteggiare grazie a una ricetta vecchia quanto il calcio stesso, difesa e contropiede. Stringendo i denti da provinciale, mentre la provinciale di casa giocava a fare la grande. Peccato d’immaturità. E fuori Josip di nuovo (col Rayo rimpiazzato da Valzania dopo l’1-1 di Duvan), stavolta dietro la lavagna del giudice sportivo per i fattacci di Empoli. Altro esempio di quanto si soffrano i nemici con l’acqua alla gola e il sangue agli occhi, un 3-2 subìto in cocente rimonta con un veterano del pari di Masiello gabbato nell’occasione da La Gumina come l’albanese di Zurigo in precedenza (assist involontario, posizionamento sbagliato sulla volata con suggerimento di Di Lorenzo).

PALLE INATTIVE, CHE PASSIONE. I patatrac da fermo sono il classico sale su una ferita che poi stenta a rimarginarsi, visto che la difesa è il reparto dal bilanciamento meno agevole, avendo spesso obbligato l’uomo in panchina a rimescolamenti del mazzo in ragione di indisponibilità o momenti opachi dei titolari. Nel trittico autunnale Parma-Bologna-Inter, che ha allungato al poker la serie positiva della risalita in classifica, Mancini ne ha sfruttate un paio a favore per il suo tris di fila. Ma quelle contro sono state fatali. A Ferrara, il tap-in del rompighiaccio dell’ariete triestino era scaturito dal calcio franco di Schiattarella con Felipe libero di impegnare Gollini. Con la Samp, Tonelli sbuca da corner e di testa batte tutta la brigata. Idem al “Castellani” per Silvestre. La Fiorentina dell’accoppiata rigore (inventato, Chiesa si rotola dopo aver incrociato Toloi) & punizione (di Biraghi)? Un’altra cosa. Da incasellare alla voce furberia. Un po’ come il Grifone, al netto dei tackle assassini, a tre giorni dal Natale. Auguri, Atalanta.

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