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Auguri anche a Janich e Lentini

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Il roccioso difensore, diventato un big nel Bologna con l’altro ex nerazzurro Perani, e l’estroso esterno offensivo spengono le candeline oggi

Non solo Gianpaolo Bellini, la bandiera. Oggi, mercoledì 27 marzo, l’amarcord nerazzurro festeggia anche il neo ottantaduenne Franco Janich, centromediano evoluto in libero, e un Gianluigi Lentini che tocca quota cinquanta. Due tipi agli antipodi. Se per il difensore friulano l’Atalanta fu la rampa di lancio per la gloria bolognese insieme all’altro ex nerazzurro Marino Perani, per l’estrosissimo Gigi da Carmagnola fu la compagna di ballo di una sola stagione. La 1996-1997, largo a sinistra, con Marco Sgrò a destra, Fabio Gallo a dirigere l’orchestra di Emiliano Mondonico, Domenico Morfeo a rifinire e Pippo Inzaghi a finalizzare.

JANICH, BOLOGNA E COREA. All’anagrafe Francesco Ianich (con la I normale), il nativo di Udine giunge a Bergamo da Spilimbergo nell’estate del ’56 e grazie a Luigi “Cina” Bonizzoni conosce l’esordio il 6 settembre a Napoli. Ko per 2-0 e altre 5 presenze, nella seconda metà annata, di cui 4 col rimpiazzo in panchina Carlo Rigotti, mentre in quella successiva ne assomma 32 ma la squadra (passata a Giuseppe “Picaia” Bonomi e infine a Karl Adamek) viene retrocessa per l’illecito sportivo (presunta combine col Padova) noto come Caso Azzini. Tre anni alla Lazio (Coppa Italia 1958: l’avrebbe rivinta nel ’70) e poi il Bologna di Fulvio Bernardini con lo scudetto del ’64 (accoppiato alla Mitropa nel ’61) nello spareggio di Roma contro l’Inter. Chiude nella Lucchese nel ’73, ma è anche famoso per la partita (sesta e definitiva in azzurro) sbagliata: 19 luglio 1966, mondiali inglesi a Middlesbrough, Pak Doo Ik e la Corea del Nord eliminano l’Italia di Edmondo Fabbri. Rimane il giocatore con il maggior numero di partite in A (425) senza un solo gol all’attivo.

LENTINI, GENIO E SREGOLATEZZA. La sregolatezza appartiene al Gigi privato, quello dello schianto sull’autostrada del 2 agosto ’93, ma l’ex torinista e milanista sotto le Mura dipinse un calcio d’autore. Del resto il Mondo era stato il suo mentore in granata: l’avrebbe richiamato al Toro e pure a Cosenza. In quell’unico giro di corsa, a dispetto di un fisico un po’ appesantito, qualche chicca, tra cui il poker nel sacco: metà alla Lazio (2-1 e 1-2), quindi Perugia (2-2) e Parma (1-2). Il meglio (anche l’apprendistato ad Ancona diciannovenne) era alle spalle, dopo la Calabria il tramonto: dal 2004 al 2012, Canelli tra Eccellenza e D, Saviglianese (Promozione ed Eccellenza), Nicese (viceversa) e Carmagnola, proprio nel paese natìo, appendendo le scarpe al chiodo quarantatreenne. In bacheca, tre scudetti, altrettante Supercoppe italiane, una Europea e una Coppa dei Campioni in rossonero con Fabio Capello più la Mitropa 1991 con Mondonico e scudetto-Viareggio nella Primavera sotto Sergio Vatta. Augurissimi.

https://youtu.be/FNkX78yEGOk

 

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