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Mastropasqua dice 68. La contropartita di Scirea che giocò con Percassi

Il jolly torinese, moneta di scambio della Juventus per avere il più grande libero di sempre, è uno dei tanti rimasti a vivere a Bergamo

Juventino d’origine, bergamasco d’adozione. Era capitato a Stefano Angeleri, il mitico Gabbiano anni ’50 e ’60, recordman di presenze prima di Gianpaolo Bellini. Ed è capitato anche al festeggiato di oggi, Giorgio Mastropasqua, che spegne 68 candeline con la consapevolezza di aver vissuto in maglia Atalanta un quinquennio da leone in tempi di saliscendi: dal 1974 al 1979, solo due campionati di A. Partecipando agli spareggi del Settantasette, giocando da libero in una difesa che aveva tra i marcatori il futuro presidente Antonio Percassi e soprattutto arrivando a Bergamo come moneta di scambio per un certo Gaetano Scirea.

LA CONTROPARTITA. 700 milioni, Gianpietro Marchetti, la comproprietà del bizzoso centravanti Giuliano Musiello e lui, Mastropasqua, il jolly tra terza linea e mediana che si adattava a fare di tutto. Tanto sborsò Giampiero Boniperti per avere un gigante nel ruolo. Ma non era male nemmeno il nativo di Rivoli che oggi abita a Gorle, dove appese le scarpe al chiodo da dilettante a quota 38. Non erano pochi, per un difensore, negli anni ’70, 14 gol in 153 presenze (13 in 135 solo in regular season, il resto nelle coppe, ovvero Coppa Italia – la rete residua – e le 5 allacciate di stringhe in Coppa Rappan), specie in una provinciale. Guidata dal grande Achille Bortolotti, il presidentissimo. Capace di riscrivere la propria storia col cuore, in quel ’77, a Genova col Cagliari (29 giugno) e a Bologna col Pescara (2 luglio).

PUNTO FERMO DI TITTA. La risalita in Paradiso sotto Titta Rota, il quinto e l’ultimo degli allenatori di Mastropasqua all’ombra della Maresana. Bergamaschissimo. Come Angelo Piccioli, cambio in corsa nella sua prima stagione dello strambo paraguaiano Heriberto Herrera, campione d’Italia in bianconero nel ’67. Come Giancarlo Cadè, poi rimpiazzato da Gianfranco Leoncini. Il torinese era tatticamente sgamato. Dal gioco corto di Corrado Viciani alla Ternana al sogno sfiorato a tinte bianconere con Rabitti prima (’69, uscito dal vivaio) e Vycpalek (lo zio di Zeman) in seguito.

IL SETTANTAQUATTRO. Nel ’74, dunque, l’anno della maturità in provincia per l’allievo di Mario Pedrale, levatrice storica di juventini illustri (Furino, Bettega). Dopo il primo taglio di cordone ombelicale, Perugia e quindi l’altra città umbra, quella delle acciaierie, da libero deputato a costruire. 182 centimetri di legna senza rinunciare a una certa qualità, nel reparto arretrato della Dea trovò anche i vari Andena, Divina, Lugnan, Vavassori, Mei e Cabrini. Più Pierino Fanna all’ala destra, Augusto “Gusto Gol” Scala a far impazzire gli avversari almeno quanto il suo allenatore di turno, Ezio-gol Bertuzzo capocannoniere del ritorno in A.

IL DOPO ATALANTA. Se a Bergamo gli preferivano il 4 sulla schiena, a Bologna, dove proseguì la sua carriera, la contropartita di Scirea si sarebbe incollato anche il 10. Poi Lazio, Catania, Piacenza ancora con Rota e Pavia tra i professionisti. Da allenatore, Fiorente Colognola, Scanzorosciate, Verdello, Rivoli, AlzanoCene e quattro stagioni fa i Giovanissimi B della Virtus Bergamo. Nemmeno poche le comparsate al Tennis Vip di Cividino, a riabbracciare gli atalantini dei mitici anni settanta. Tanti auguri.

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