Il capitano dell’Atalanta analizza il suo percorso nerazzurro, rifiutando i soldi arabi per restare a Bergamo: il top club ce l’ha già
Il Papu, dunque, è stato corteggiato, lo scorso gennaio, dagli arabi dell’Al-Hilal (leggi qui). Lo ha svelato lui a ‘SportWeek’ ripercorrendo i colloqui avuti con la dirigenza atalantina: “Non era solo una questione di soldi, e neanche di contratto a vita, perché all’Atalanta ho iniziato il sesto anno, magari giocherò per altri 5-6, dodici nello stesso posto forse saranno troppi e insomma oggi non so dire se finirò la carriera qui. Mi interessava altro, e parlai chiaro: ma voi volete che io sia davvero una bandiera, per l’Atalanta?”
“Sai quando ho capito definitivamente di non aver sbagliato? L’altra mattina, prima di andare al raduno, sfogliando con mia moglie delle vecchie foto ne abbiamo ritrovata una di quando eravamo appena arrivati a Bergamo, mio figlio Bauti aveva due anni, al vecchio stadio: si vede ancora il muro di plexiglas dietro le panchine. Siamo andati a vedere il nuovo stadio, che sarà bellissimo. E ho capito che adesso il top club ce l’ho, è l’Atalanta“.
MILANO NERAZZURRA – “San Siro è uno stadio unico, mondiale: se a Roma per la finale di Coppa Italia da Bergamo sono venuti in 25000, a Milano possiamo arrivare a 50000, tifosi non dell’Atalanta compresi”.
LA MAGLIA – “L’ho fatto una volta, ho sbagliato e ho giurato di non farlo più. Appena arrivato al San Lorenzo mi fischiavano, segnai un gol e baciai lo stemma. Non era sentimento, cercavo solo di farmi voler bene. Ma diventò un tormento, più dei fischi che arrivavano come prima: “Perchè l’hai fatto” continuavo a chiedermi. Oggi ai giovani insegno a non dire mai ‘questa è casa mia’ perchè non si può mai sapere: e se litigo con l’allenatore, con il presidente? Non posso promettere di indossare questa maglia per sempre, dunque non la bacio”.