Il mediano Esposito, oggi 57 anni, in realtà rimase solo una stagione, la penultima del Baffo di Rivolta nella sua prima esperienza atalantina. Bigliardi, invece, fu uomo del Mondo in B
Il 5 febbraio non è il giorno del compleanno, della torta e degli auguri solo per il freschissimo ex dell’Atalanta Andrea Masiello, il 5 che ha lasciato sfitta la maglia e poi se l’è presa subito Adrien Tameze. Ce ne sono due, a festeggiare, magari ricordando i bei tempi andati in maglia nerazzurra, che possono dire di essere stati uomini del Mondo. Vincenzo Esposito da Torino detto Ciccio, 57 anni appena compiuti, si fece da semititolare la penultima stagione, 1988-1989, del Baffo di Rivolta nella prima tranche atalantina, mentre il “gemello” Tebaldo Bigliardi da Catanzaro detto Billy aiutò la squadra a risalire dalla B all’incipit della seconda con lo stratega più amato in panchina dopo esserne stato un baluardo negli anni tra Frosio, Giorgi e Lippi.
ESPOSITO, DALL’ATALANTA ALL’ALBINOLEFFE. Esposito incrocia dunque Emiliano Mondonico nella Dea neopromossa e reduce dalla cavalcata in Coppa delle Coppe fino alle semifinali col Malines, partecipando alla prima qualificazione alla Coppa Uefa con un sesto posto da urlo. Torinese di nascita ma con radici a Prato per via del matrimonio e della doppia esperienza di qua e di là dalla riga di gesso, svezzato nel vivaio del Torino e allora proveniente dalla Lazio, il mediano che avrebbe poi allenato fra gli altri anche i cugini dell’AlbinoLeffe prima di farsi soffiare il posto proprio dal Mondo a stagione in corso (febbraio 2006) era uno degli inamovibili del Baffo stesso, 28 allacciate di scarpe in campionato di cui 20 da titolare e 11 in Coppa Italia, che in quel 1989 per i colori di Zingonia si fermò alle semifinali con la Sampdoria. Cesena, anche sotto il Marcello futuro atalantino e mundialista da tecnico con la Nazionale, e ancora Prato, con chiusura a quota 33, le ultime tappe della carriera. Quella da allenatore l’ha appena visto tornare alla base pratese, in D.
BILLY, LO STOPPER DI MARADONA. Ben più ricco il palmares, e non solo da queste parti, di Bigliardi, che a fine carriera, messo piede anche nel Leffe (ritiro a 33, come Ciccio), avrebbe poi aperto un agriturismo in provincia di Messina. Un stopper da difesa all’italiana, ovvero un roccioso difensore centrale che in marcatura si appiccicava al centravanti nemico senza mollarlo. Dal 1990 al 1993, con Piero Frosio, Bruno Giorgi, Marcello Lippi, Francesco Guidolin per 10 partite e il Mondo in B dopo essere rientrato dall’alma mater di Palermo. Ma tra la prima e la terza patria calcistica, quella più importante per la notorietà e la bacheca: il Napoli di Maradona, quadriennio filato, da comprimario sì, ma con due scudetti, una Coppa Uefa e una Coppa Italia. Qui, invece, 120 presenze tonde tonde con le 7 della Coppa Uefa sbattuta addosso ai quarti fratricidi con l’Inter nel marzo del ’91 e un solo gol, che fa il paio con l’unico segnato nei rosanero: terzo turno del trofeo della coccarda, 5 novembre 1991, l’apripista al contrario della remuntada juventina al “Delle Alpi” by Julio Cesar, Corini su rigore e Alessio. Tantissimi auguri.
Tanti auguri
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