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I tifosi ai tempi del Coronavirus: “Niente contagio in pizzeria a Lecce, i media ci marciano”

Smontato il caso del contagio al titolare della pizzeria: la ricostruzione tv ha scambiato un locale per l’altro. I tifosi: “Assurdo cercare un colpevole, siamo tutti in guerra”

Non era “La Rustica” quella frequentata a pranzo dai bergamaschi, quella del titolare infetto, il primo contagiato da quelle parti. Era “La Perla”. Hanno sbagliato pizzeria. Non a Lecce, dove sapevano benissimo il come e il chi, ma sul piccolo schermo e poi sulla pagina social. Prendendo lucciole per lanterne. Accorgendosene solo quando l’avvocato di quella tirata in ballo s’è fatto sentire. Nerazzurri untori: il messaggio, intanto, è passato e l’onta non si lava. Mercoledì sera in tv, a mo’ di mostri sbattuti in prima pagina. Il 10 marzo, proprio quando la Dea faceva l’impresa a Valencia in Champions League, il ricovero del titolare. Giovedì e i giorni seguenti, un crescendo di accuse sui social. Più che ai tifosi dell’Atalanta calati in un centinaio o poco più il primo del mese, su 187 che avevano preso il biglietto su Vivaticket, alla Lega di Serie A, colpevole di aver consentito la trasferta da una zona già quasi colorata di rosso: “I mass media ci marciano, è quasi scontato cercare qualcuno a cui dare la colpa di tutto. Ma i decreti che limitavano i viaggi non c’erano, e i leccesi ci hanno accolto da amici, non da appestati”, recita una voce, anonima of course, del coro degli interpellati.

IL CONTAGIO IN PIZZERIA E I MEDIA. Tra i più di 100 scesi in Salento, a qualcuno non va di traverso nemmeno il menù della discordia: “Ma quale pizza, ci siamo strafogati di puccia, il panino locale con ingredienti poveri, e giri per la città barocca, al massimo fino a Gallipoli”, ci fa sapere uno delle tante comitive, lo stesso che in premessa parlava di fratellanza: “Anzi, se alcuni di noi hanno avuto paura di qualcosa, è perché due della Questura di Bergamo trovandoci in giro alla sera in città ci chiedevano minacciosi cosa stessimo facendo lì”. E giù mezza risata, benché amara. Nembro, Dea Dalmen, Chei de la Coriera in numero di venti. La Curva Nord? Rinuncia. Non c’era. Gruppetti in ordine sparso e anarchico, come succede in vacanza: “Noi siamo stati a ‘La Perla’, questa ‘La Rustica’ la sento per la prima volta. Mai stati vicino alla Questura prima della partita – recita una fonte autorevole, leggi organizzazione dei pullman, anche se stavolta s’è volato -. Noi gli untori? Il virus non fa preferenze, in Italia siamo professionisti dello scaricabarile. Ma accusare noi tifosi fa un po’ schifo: fino a domenica scorsa le autorità non avevano fermato niente e nessuno. Vedere le fughe in treno per credere”.

CORONAVIRUS E TRASFERTA DI LECCE. I racconti si incrociano, le vicende personali sono diverse tra loro. Eppure il filo conduttore di una gita fuori porta per alcuni durata un weekend è il divertimento, il ricordo di ore e giorni di felicità: “Allora era una vacanza di piacere e di pallone, adesso siamo tutti in guerra. C’è chi tiene i genitori chiusi nell’appartamento ed è andato a vivere in solaio da solo, o chi non ha aspettato i decreti del governo per chiudere l’azienda. Dobbiamo considerarci tutti malati: infatti anche chi non presenta i sintomi può infettare gli altri, i propri cari, gli amici. Figuriamoci se non ci stiamo attenti”. E poi, niente bagni di folla: “Se è per questo avremmo dovuto portare il contagio anche a Brindisi, in aeroporto…”. A confidarci timori e speranze, sempre il primo degli intervistati. Ma tutti quanti confermano lo sfondone dei media. Eppure anche la moglie del proprietario, un figlio maschio e una bambina piccola, aveva riferito più volte di non aver avuto a che fare con persone provenienti dal Nord, dalle zone rosse o limitrofe.

DALLA PIZZERIA ALLA QUARANTENA. Sentiamo un parere femminile, stavolta: “Di Lecce ci porteremo sempre dietro memorie di un’esperienza indimenticabile. Anche il dolce di là, il pasticciotto: indescrivibile. Chissà quando potremo riassaporare il calcio e l’Atalanta: Gasperini avrebbe continuato a porte chiuse all’infinito, dice che lo sport è come una cura. I tifosi preferiscono aspettare, in quarantena o al lavoro per chi deve andarci anche adesso. E sperare”. Ai tempi del Coronavirus, ci sta anche di scambiare la pizzeria La Perla per La Rustica, quella del titolare ricoverato con la polmonite all’ospedale di Galatina. Ai media e al popolo del web è bastato fare uno più sette, ed ecco il teorema da incubazione: primo caso conclamato a Lecce con avvisaglie l’8 marzo, una settimana dopo il match dei nerazzurri da settebello. I tifosi non ci stanno, anche se non la menano giù dura: “La guerra contro il Coronavirus non guarda in faccia nessuno, ci coinvolge tutti. L’Atalanta e il calcio possono aspettare. Dopo sarà tutto più bello”. Untori un cazzo.

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Giuseppe c.
Giuseppe c.
4 anni fa

Mi rammarico se qualche incosciente punta il dito su qualcuno o qualcosa… Giudicare è bruttissimo.. E anche se fosse vero nessuno mai vorrebbe una cosa del genere! Vi chiedo scusa a nome di tutto il Salento che come si sa è un popolo che accoglie è mai si permetterebbe di giudicare. Fatta qualche stupida eccezione.

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