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Atalanta, conti a posto nella serie A in bolletta

Il confronto tra bilanci tra club di serie A evidenzia impietosamente lo squilibrio fra costi e ricavi. All’Atalanta, tra utile e plusvalenze, si ride

Utile netto sopra i 50 milioni, plusvalenze seconde solo al Napoli, conti a posto. All’Atalanta tornano eccome. A differenza del sistema in cui è inserita, una serie A in rosso di 300 milioni, coi cordoni della borsa allargati dai diritti televisivi: l’analisi dei bilanci odierna della Gazzetta dello Sport mette a nudo i mali del calcio italiano, ovvero le spese pazze. Lo stop prolungato per Coronavirus, mettendo la cassa in crisi, rischia di provocare una disastrosa crisi di liquidità.

ATALANTA, CONTI A POSTO. La costante nerazzurra sono le plusvalenze. 300 mila euro nel 2016, 26,7 milioni nel 2017, 24 milioni nel 2018 e segno più sicuro anche per l’esercizio al 31 dicembre 2019 ancora da approvare. Fra le entrate, però, ci sono anche prestiti, valorizzazioni e premi per un totale di 69 milioni del fatturato solo da calciomercato. Gianluca Mancini e Dejan Kulusevski assicurano il sesto bilancio in attivo complici gli affari a tavolino. I premi Champions faranno il resto, ma Bergamo è un’isola felice che investe anziché accumulare e basta: vedi rafforzamento della rosa, con 60 milioni per Ruslan Malinovskyi, Luis Muriel e Duvan Zapata (riscattato a gennaio) e altrettanti per le strutture, fra Zingonia (20) e stadio (40).

SERIE A, NON TI SORRIDONO I CONTI. Il fatturato della serie A, al contrario, è complessivamente messo in crisi dalle spese pazze. 2,722 miliardi (+ 0,3) a fronte di 3,548, mezzo in più a tutto il 2019 rispetto alla stagione precedente. La perdita aggregata sale a 292 milioni rispetto agli 88 del 2017-2018. I debiti sono a quota 2,482 miliardi, saliti di 300 milioni. 1,5 è verso gli istituti di factoring, che versano gli anticipi dei proventi televisivi, messi a rischio dallo stop forzato.

SERIE A: DIRITTI TV, CORDONI ALLARGATI. Sono proprio i diritti di trasmissione delle partite ad aver indotto le società a spendere e spandere. Passati da 1,3 a 1,44 miliardi, mentre gli incassi al botteghino non arrivano a 300 milioni. Una voce d’entrata che induce ad aumentare gli stipendi di giocatori e personale: da 1,482 miliardi del 2018 a 1,756 del 2019. La toppa al buco sono le plusvalenze, 727 milioni e stabili. Indebitamento specie da factoring e scarsi capitali propri sono mali cui la pandemia rischia di aggiungersi da colpo di grazia.

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