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Donadoni: “In Cina situazione quasi normale. No alla superficialità”

Donadoni

L’ex giocatore dell’Atalanta: “Allenarsi a gruppi può essere il primo step per tornare alla solita routine. La Serie A fa da traino ma non si possono trascurare le categorie inferiori”

Dalla lontana Shenzen, Roberto Donadoni, sta osservando con interesse quanto accade nel nostro paese in riferimento all’emergenza coronavirus e a come il mondo del calcio si stia approcciando a questo problema, tra la voglia di ripartire e le tante problematiche legate al possibile ritorno in campo ai tempi del coronavirus. Il punto di vista dell’ex giocatore dell’Atalanta è particolarmente importante visto che dalla sua bocca arriva una testimonianza diretta di come in Cina si stia vivendo una vista sostanzialmente normale: “La vita è tornata alla normalità, siamo tutti rigorosamente con la mascherina ma i ritmi sono tornati quelli che c’erano in precedenza. Viaggiamo in maniera libera. Per quanto riguarda il calcio non abbiamo ancora un programma certo, ci alleniamo con assoluta libertà e il processo di preparazione va avanti in attesa della data di inizio del campionato. Le voci parlano di gare senza pubblico ma siamo in attesa di date certe per ripartire. Presumo che le cose possano ripartire se non a maggio, a giugno“.

La questione si sposta subito sul ritorno in campo ipotizzato in Italia: “Non vivendo in Italia non so cosa possa accadere. Giocare in estate può essere possibile ma dipende da noi e dalla capacità di gestire le cose. Serve non essere superficiali, così le cose miglioreranno certamente. La Cina deve essere un insegnamento– ha detto a Radio Rai -. Allenarsi a gruppi può essere il primo step, con grande attenzione e senza trascurare nulla. Sarebbe un buon inizio per tornare alla normalità. La Serie A fa da traino ma non si possono trascurare le categorie inferiori, sarebbe un errore. Serve una programmazione adeguata e non bisogna solo spendere tante belle parole senza poi completare il puzzle lasciando indietro i più deboli. Questo è un malessere italiano e anche in passato le cose non sono state gestite al meglio, come per esempio sui vari fallimenti dei club“.

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