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Il doping dell’Atalanta è la voglia di emergere. Guardate Tameze…

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Il dibattito da cicchetto al bar dello sport sulla condizione dell’Atalanta, con le accuse di doping, è azzerato dalla voglia di emergere delle riserve. Tameze in primis

Il presunto doping a strisce nerazzurre? Ma per favore. Dice: beh, han faticato nonostante la superiorità numerica per 68 minuti, vicendo solo di rigore. Vero, verissimo. Quindi è falso che l’Atalanta corra più delle altre e sia sempre al top della condizione. Tra le grandi verità di Cagliari, insieme all’indiscussa superiorità tecnica di chi ha costruito più di venti occasioni tirando in porta almeno dieci volte contro praticamente nessuna, la voglia di emergere delle riserve. Ce n’erano in campo sette, nel maxi turnover di Gian Piero Gasperini. Una voglia matta di spaccare il mondo e di non far rimpiangere i titolarissimi, anche se è il Gasp per primo a dire che ce ne sono dai 14 ai 16 buoni per la rotazione. Con Adriene Tameze, la sorpresa più positiva, il numero è destinato a salire dai 16 ai 18.

TAMEZE, OVVERO LA VOGLIA DI EMERGERE. Non che il franco-camerunense che abita in Costa Azzurra, secondo più fonti da riscattare obbligatoriamente dal Nizza (8 milioni, non un grattino in tabaccheria) all’ottava presenza in campionato, sia esattamente di primo pelo. Tantomeno uno sprovveduto: a 26 anni compiuti il 4 febbraio, il mediano venuto d’Oltralpe nella sessione invernale del calciomercato, domenica 5 luglio, era alla centocinquantaduesima partita da professionista (3 gol e 7 assist il resto del palmarès) e, prima degli spiccioli di Champions League negli ottavi col Valencia, in entrambi i casi a mo’ di staffetta per Mario Pasalic, aveva già messo il suo piede educato e svelto nei ribaltamenti di fronte nelle qualificazioni, 66 minuti col Napoli il 22 agosto di tre anni fa.

TAMEZE, IL DOPING DEL CENTROCAMPO. Accanto a Marten de Roon, investito di compiti più di contenimento e difatti spesso rinculante a protezione del terzetto difensivo, il buon Adrien dalle treccine al vento si è potuto produrre in tamponamenti, discese, suggerimenti in verticale a tutto campo. Mostrando pure un buon controllo di palla, anche se ha provato a liberarsi al tiro senza riuscirci in un paio d’occasioni. E nel finale, in ripiegamento, ha arrischiato un retropassaggio in diagonale a Marco Sportiello di quelli pericolosi. Che assomigli di più a Remo Freuler che alla diga olandese non è certo. Pare un tuttofare lì nel mezzo, adattabile. E mercoledì con la Samp, infatti, in teoria potrebbe prendere il posto del secondo, se non fosse fatto rientrare nei ranghi. Il doping del centrocampo, restando in metafora con le calunnie in rete da bar dello sport.

L’ATALANTA E LA VOGLIA DI EMERGERE. Per il ragazzo del 2000 Bosko Sutalo, la controfigura di Rafael Toloi tanto ardita da fare più l’ala destra che il presidio del contestuale vertice della propria area, stesso discorso. Voglia di spaccare il mondo e brama di mostrarsi all’altezza del titolare che gli occlude il sentiero della gloria, alimentata dalla necessità personale e di squadra di essere all’altezza del compito. Per il croato è stata la prima vera chance e la seconda puntatina a pelo d’erba. Per Tameze, idem, col trittico di minuzie alle spalle Fiorentina-Lecce-Napoli, tra 8 febbraio, primo marzo e 2 luglio al posto del Papu, di Duvan e ancora di SuperMario. Un buon allenamento, quello alla Sardegna Arena, per aprire gli orizzonti alle seconde linee. Eccola la droga del Gasp: chiunque si sente motivato, sempre.

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