L’ex giocatore dell’Atalanta ha calcato il campo nel Pescara proprio a fianco di Verratti, una delle stelle del Paris Saint-Germain
Quel “Luca Ariatti, tirali matti“ gli risuona ancora nelle orecchie, dai tempi del suo biennio nerazzurro con mister Stefano Colantuono, 76 presenze e 2 reti con vittoria della B e poi ottava posizione in classifica in Serie A. ‘Parigino d’Italia’ viene invece chiamato da L’Eco di Bergamo Marco Verratti, ricordando che l’ex centrocampista della Dea Luca Ariatti giocò con lui al Pescara nella stagione 2010/2011: “Con il suo infortunio il Psg rischia di perdere un giocatore per caratteristiche unico, in primis per la sua qualità di palleggio. Potrebbe essere sostituto da giocatori più fisici e di impatto (Leandro Paredes è il candidato numero uno) ma non è detto sia necessariamente un male contro una squadra come l’Atalanta che fa della forza uno dei suoi punti forti”.
VERRATTI DA GIOVANISSIMO. “Ci allenava Eusebio Di Francesco, nei primi mesi venne utilizzato come trequartista nel 4-3-1-2, ma riusciva a incidere solo parzialmente sulla partita: in quella posizione servono destrezza nell’uno contro uno, cambio di passo e tiro da fuori. Iniziarono a nascere dei dubbi sul suo ruolo, poi in primavera arrivò la svolta”.
QUARTI DI FINALE. “Il blasone e il fatturato direbbero che i nerazzurri non passeranno il turno, ma ci sono tanti aspetti che fanno pensare al contrario. I francesi arrivano da un lungo periodo di inattività, la qualificazione si gioca in gara secca e se con la squadra di Gasperini sbagli un quarto d’ora, rischi di commettere danni irreparabili: in primis se la affronti con un po’ di supponenza o di leggerezza in fase difensiva dove tutti devono dare il loro contributo”.
IL SEGRETO DELLA DEA. “Questo per l’Atalanta è il coronamento di un percorso esemplare, che sta affascinando il mondo del calcio italiano, europeo e mondiale. Oggi dici Atalanta e ovunque sgranano gli occhi: è diventata la seconda squadra di tanti, la dimostrazione che nel calcio moderno le favole possono esistere ancora e non è necessario avere dei campionissimi per arrivare al top. L’avvento dei Percassi ha dato un cambio di marcia: poi insieme a Gian Piero Gasperini e alla squadra dico Giovanni Sartori, che è stato mio direttore a Chievo, e le cui abilità di scouting sono note a tutti. La base, comunque, resta quella della “nostra” Atalanta: simbiosi fra città e pubblico e grande attenzione al settore giovanile”.