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Auguri a Livaja, dal pugno a Radovanovic al “bastardi” ai tifosi

livaja

Compie 27 anni il talentuoso attaccante croato, da un triennio all’AEK in Grecia. Auguri al campione che avrebbe potuto essere. Tra pugno e bastardi

Quei 57 successi personali dentro la porta nemica in 219 apparizioni da professionista? Mah. Nell’AEK Atene, leggi 38 con quei colori, è felicemente da un triennio, ma il passato non remotissimo un po’ gli peserà ancora. Il pugno a Ivan Radovanovic in una disfida serbocroata da allenamento, i battibecchi con Stefano Colantuono, la rivalità con l’intoccabile German Denis cui piaceva giocare soltanto con Maxi Moralez dietro, il sodalizio anche fuori dal campo con la sola Zanzara De Luca, i soli 6 gol in 34 presenze. Per l’Atalanta Marko Livaja, una stagione e mezza dal gennaio 2013 alla primavera 2014, apice dei suoi cosiddetti “problemi disciplinari”, come ebbe a dire il Cola, è stato una scommessa persa. Grande talento, per la punta di Spalato che oggi, 26 agosto, compie 27 anni proprio nel giorno di Sant’Alessandro, patrono della Bergamo che dopo uno scazzo coi tifosi nelle prime file della tribuna d’onore il 19 aprile 2014 contro il Verona lo costrinse di fatto all’esilizio forzato per prendere quindi la via del Rubin Kazan. Ma anche molti rimpianti. Perché era bravo. Perché lo è lo sarà sempre.

LIVAJA: SINTESI DI PUGNO E “BASTARDI”? Arrivato dall’Inter nella sessione invernale del 2013 come parziale contropartita per Ezequiel Schelotto, Livaja, cresciuto tra Gonsk Gabela, Omladinac Vranjic, Dinamo Zagabria e Hajduk Spalato, in Italia aveva cominciato col prestito a Cesena appena maggiorenne dopo quello a Lugano senza giocare. In seguito, Rubin Kazan, una capatina a Empoli a titolo temporaneo, il Las Palmas e adesso la Grecia. Il 29 marzo 2013, un mesetto e oltre i primi palloni nel sacco, nel 2-3 interno e nevoso contro la Roma, il primo provvedimento di esclusione. Il 7 maggio successivo, il pugno. Il 19 aprile dell’anno dopo, invece, il “bastardi” ai tifosi sui social network per quelle contestazioni a suon di “zingaro tornatene a casa”. Possibile che di Marko si ricordino solo le mattane?

LIVAJA, L’ANTI-DENIS. Il fatto è che i ruoli e le maglie all’epoca in nerazzurro erano più sprangate di una camera di sicurezza e il Tanque Denis non voleva rivali. Alla sua seconda annata, l’unica piena sotto le Mura, dopo la doppietta al Bari in Coppa Italia, gol nel ko per 4-3 a Parma e matchball azzeccato in extremis contro il Bologna per un 2-1 casalingo in rimonta. “Sposta e tira, sposta e tira, gli dico sempre: lui ha questi numeri, deve farlo senza pensarci troppo”, il mantra postpartita del profeta di Anzio. Che alla fine non ce la fece più a sopportarlo. Tanti auguri.

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