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Romero, il 17 che ridefinisce le gerarchie in difesa

Romero

L’inserimento nell’organico atalantino del Cuti dopo il biennio di svezzamento al Genoa rimette in discussione le gerarchie nel pacchetto arretrato. Il nuovo Toloi, il Perno o l’anti Djimsiti?

Ora che Cristian Romero è dell’Atalanta a tutti gli effetti, a dispetto della formula sempre più utilizzata del prestito biennale con diritto/obbligo di riscatto, oneroso col grosso della somma a saldo (2+2 legati a bonus+16), i tifosi magari riusciranno a dimenticare che una sua tremenda legnata scombinò la caviglia di Marten de Roon contro il Genoa a Marassi in un infausto ko decembrino di due anni fa. L’arrivo del centrale difensivo dalla Juventus, che ne aveva acquisito il cartellino l’estate scorsa per poi praticamente disfarsene adesso, avrà lo stesso impatto di una rivoluzione: l’argentino col 17 sulla schiena, numero che qui l’ultima volta era stato di Carlos Carmona, è destinato a scombussolare le gerarchie nel pacchetto arretrato del suo grande estimatore Gian Piero Gasperini.

ROMERO, IL 17 DELLA DIFESA. El Cuti è un innesto di malizia, decisione, vigore e se vogliamo cattiveria pura in un reparto a tre fin troppo sforacchiato nell’ultima stagione. Inutile contare i palloni raccolti nel sacco di casa, superano il mezzo centinaio. Effetto collaterale della trazione anteriore, dicono i saggi. Sarà. Di sicuro dietro, ora, c’è un affollamento sospetto, nel senso che sorge il dubbio di un declassamento. Romero può giocare praticamente ovunque, in terza linea e non solo, tanto che al Belgrano, il club d’origine, era nato come terzino destro: non è escluso che il Gasp, nella sua concezione assolutamente aperta di ruoli e posizioni in campo, provi a fargli fare l’anti Hateboer in corsia, qualora Hans dovesse scontare le improvvide affermazione di “fine ciclo” ferragostane alla stampa olandese con la ridiscussione della parte da titolare, a copione dopo la cessione al Leicester del suo alter ego Timothy Castagne. Il tulipano volante, poi, potrebbe pure essere sacrificato come il belga sull’altare delle plusvalenze, anche se cogli incassi Champions non servono.

ROMERO E LE GERARCHIE. Ma l’ex Grifone è certamente dietro che incute paura. Sa chiudere sul centrattacco e comandare la difesa, come Mattia Caldara. Sa impostare percorrendo il campo su e giù, come Rafael Toloi. Non ha una zolla preferita, tanto che dal centro a sinistra dell’area di rigore soffia il fiato sul collo di José Palomino, l’unico mancino da quelle parti, e di Berat Djimsiti, che pure fisicamente è imbattibile. Sta di fatto che Cristian parte da riserva, col suo 17 che sa di scaramanzia al rovescio. Si tende a dimenticare che il pampero è del ’98 e non ha praticamente esperienza internazionale, eccettuate le apparizioni nella Seleccion Under 20 e Under 23 nonché in Copa Sudamericana (un paio). Domanda legittima fra le tante: e che fine farà, con tutta questa abbondanza, il ragazzo del 2000 Bosko Sutalo? A San Gian Piero da Grugliasco il responso oracolare.

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