I cambi di Bologna, secondo Gasperini non decisivi per il pareggio in rimonta nella ripresa del Bologna, a conti fatti sono stati un flop. Senza Ilicic a fari spenti, fuori Muriel la frittata

Aleksey Miranchuk per Josip Ilicic all’intervallo, Duvan Zapata per Luis Muriel al ventesimo del secondo tempo. “Non credo che i cambi siano stati decisivi, potevamo chiuderla nel primo”, l’ipse dixit a bocce ferme di Gian Piero Gasperini a Bologna. Eppure, a conti fatti, senza i mattatori, anzi gli unici due primattori del cast, l’Atalanta ha strappato la pellicola di un girato fin lì poco meno che sontuoso, mentre i rossoblù strappavano l’insperato pari in rimonta. E il film da commedia s’è tramutato nel thriller di fine anno. Due punti buttati, l’ha detto anche il mister. Ma lui non poteva proprio farci niente?

GASPERINI E I CAMBI A LUCE SPENTA. Sarà che lo sloveno, procuratosi il rigore-rompighiaccio e capace di illuminare la manovra, concludendo anche di suo senza troppa fortuna, ovvero Dijks tra il suo destro defilato e la porta già avanti di due, era un po’ affaticato. Sarà pure che l’autonomia del Ronaldito è storicamente limitata. Il problema è che finché è rimasto a pelo d’erba almeno quest’ultimo, non certo comunque il tipo avvezzo a tenere alta la squadra, necessità sempre pronta a cozzare con le sue caratteristiche da ricerca della profondità a porta regolarmente puntata sullo scatto, lo score era virtualmente in cassaforte. L’uno-due bruciante in un giro di lancetta, tra 22′ e 23′, dal dischetto e irrompendo sulla seconda palla regalata dal pessimo terzino sinistro altrui, ancora con l’invenzione di Ilicic – in combutta con Matteo Pessina – a fare da prologo, è la testimonianza dell’efficacia e della qualità dell’attuale capocannoniere di squadra, giunto al settebello in campionato. Il connazionale non è mai entrato davvero in partita. E almeno sul primo dei due gol felsinei l’errore individuale, by Robin Gosens, lasciatosi scappare Tomiyasu sul la dell’ex Orsolini, ha pesato come un macigno. E allora?

LA LEZIONE DI BOLOGNA. E allora il precedente paragrafo, descrivendo per sommi capi la trama della prima metà, avrebbe dovuto servire da lezione non già per la seconda, ma anche nel presente e in prospettiva futura. Orfani causa divorzio soltanto da ufficializzare della classe del Papu Gomez, i nerazzurri non possono assolutamente permettersi di prescindere dalla qualità e dai colpi di genio degli elementi tecnicamente più forti del lotto. Se San Giuseppe regala urbi et orbi i santini di una visione di gioco e di una capacità di lettura forse inarrivabili, con quei 190 centimetri snodabilissimi e protesi a far saltare ogni tipo di difesa, Lucho è un finisseur come nessuno. In pochi colpiscono la palla, al dunque, in modo così accurato e preciso, implacabile per i portieri più attenti. C’è chi trova la giocata imprevedibile, magari facendo cadere in trappola lo Schouten di turno, e chi recita la parte del castigo divino piazzandola tumida in saccoccia. Il russo ex Lokomotiv ne ha viste pochine e toccate ancor meno, il Toro di Cali è apparso stanco e svuotato, Cristian Romero ha avuto l’ultima chance di chiuderla con gli avversari ancora limitati al diagonaletto del giapponese. Senza contare l’errore di mira del tedesco appena uscito dal tunnel. La lezione per il Gasp? Rose corte o no, punti fermi o no, separati in casa o no, se togli chi ti sta facendo vincere rischi di prenderle e perfino di perdere. Per fortuna Soriano, nel recupero, a forza di cambiare idea s’è incartato sul sinistro sprecando il contropiede finale del Trenza Palacio. 1,75 e autore della torre per la schiacciata del punticino di Paz. Con tre centrali dal metro e ottantacinque del Cuti al metro e novanta degli altri due. Ma questa è un’altra storia. Si cominci a cambiare dai cambi, o invertire la rotta verso l’alto sarà difficile.