
Nel 2016/17 nella rosa della prima squadra c’erano sei canterani; nel 2019, invece, i 98 gol messi a segno in campionato hanno avuto tutti firma straniera
L’Atalanta rappresenta un unicum e un’eccellenza per il nostro calcio, un modello di come si possano raggiungere traguardi sportivi importanti con una gestione economico oculata, che porti ad avere i bilanci costantemente in attivo. La dirigenza nerazzurra ha dimostrato grande attenzione a tutti gli aspetti legati alla società. Ha investito sulla prima squadra, ma anche sulle infrastrutture (Gewiss Stadium e Centro Bortolotti) e sul settore giovanile. Proprio su questo ultimo aspetto, però, c’è qualcosa che non torna o che per lo meno appare in contraddizione.
Atalanta: modello cambiato ma sempre vincente
Come riporta il Corriere dello Sport, per competere a certi livelli, l’Atalanta ha dovuto attingere sempre di più all’estero. Nel 2019 la rosa aveva il minor numero di giocatori italiani della storia (quattro) e delle 98 reti messe a segno in Serie A (record) nessuna è stata firmata da un calciatore nato nei confini nazionali. Avere meno quote italiane, però, non ridimensiona il lavoro fatto a Zingonia e due titoli Primavera in tre anni sono cosa da spellarsi le mani dagli applausi. Però, fa effetto pensare che solo cinque anni fa, nella rosa della prima squadra i canterani erano sei (Bastoni, Caldara, Conti, Gagliardini, Grassi e Sportiello) mentre oggi le cose sono diverse e ci si aggrappa a Roberto Piccoli (se dovesse restare a Bergamo) e Giorgio Scalvini, talentoso 2003 che mister Gasperini ha indicato come nuovo Bastoni ma che difficilmente vedremo nelle rotazioni. Insomma, il passaggio dal vivaio alla prima squadra è sempre più complicato, ma forse è lo scotto da pagare per competere a certi livelli.
