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Dalla C alla A: Domenico Moro dice sessanta

Giovane dentro e fuori a dispetto del traguardo con l’anagrafe: ora fa il formatore e dirigente, un tempo sfrecciava a destra dalla C alla A

Sessanta anni e non sentirli, né tantomeno dimostrarli. Da quando sfrecciava a destra, prima che Roberto Donadoni gli fregasse il posto, Domenico Moro ha perso soltanto la chioma riccia. Il festeggiato atalantino di oggi, all’indomani del Capodanno, 74 presenze e 5 timbri nella porta altrui dall’estate del 1981 all’inizio dell’autunno del 1984, resterà per sempre fra gli eroi della doppia risalita dalla C1 alla A sotto Ottavio Bianchi prima e Nedo Sonetti poi. L’attuale responsabile del settore giovanile dell’Azzano FG (Fiorente Grassobbio, una big fusion dell’hinterland), dopo l’Olimpo del pallone appena annusato e, alle liste suppletive di ottobre, finì di nuovo giù con Triestina, Ancona, Spezia, Campobasso, Pistoiese, Leffe e Albinese.

MORO, RAZZA PIAVE. Il “Moretto”, soprannome con cui è affettuosamente noto nella Bergamasca – abita a Colognola e ha lavorato ad Azzano San Paolo anche con l’azionista nerazzurro Marino Lazzarini -, nato a Roncade nella Marca trevigiana nel 1962, appartiene alla piccola schiera di giocatori cresciuto nel Montebelluna approdati a Bergamo. Nell’Ottantuno, di quella scuola, c’erano anche Marino Magrin e Claudio Foscarini, pur provenienti da Mantova e Treviso, e in cadetterìa si sarebbe aggiunto l’attaccante Maurizio Sandri. Il buon Domenico assaggiò pure l’Europa dei tempo, la Mitropa Cup, da reuccio di fascia, scettro e trono soffiatigli alla seconda annata di B dal fenomeno in sboccio che avrebbe vinto tantissimo nel Milan stellare.

TRA CAMPO E SCRIVANIA. Moro, omonimo di Adelio da Mozzanica che fu suo compagno in B e a differenza sua un regista avanzato, pur senza rinnegare origini e cadenza è un bergamasco onorario da 40 rivoluzioni terrestri e mezzo. Non ha mai voluto allontanarsi da qui nemmeno nella sua lunga esperienza in panchina: Leffe (C2, tre anni dopo aver smesso, nel ’97), Stezzanese, Voluntas Osio a due riprese, Ponte San Pietro, Scanzorosciate, Frassati Ranica, di nuovo a Stezzano e quindi ad Azzano, nel 2013, dove ha continuato a seguire dal campo i più baby tra i baby. Ma certamente, nel firmamento nerazzurro, sarà ricordato per sempre insieme agli altri eroi capaci di prendere per mano la Ninfetta ferita e riportarla dove gli compete, insieme ai vari Benevelli, Gianpaolo Rossi, Agostinelli, Mutti e Bertuzzo. Tantissimi auguri.

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