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Malinovskyi per la Patria e l’Atalanta. L’uomo del momento che non vorrebbe esserlo

Ruslan Malinovskyi piange per l’Ucraina, che anche grazie alla moglie Roksana sta sostenendo in tutti i modi possibili, e lotta per l’Atalanta

Tutto è cominciato con quella maglietta, durante l’esultanza tra un sinistro nel sette e l’altro, “No war in Ukraine”. Diventata una seconda insegna, direttamente esposta in vetrina, dell’Atelier Mali in galleria Bruni. Piangere per l’Ucraina invasa dalla Russia senza potersi calare l’elmetto mentre si combatte da primo soldato per la causa dell’Atalanta, per Ruslan Malinovskyi, dev’essere motivo di sentimenti contrastanti. Ovvero la gioia sportiva per un momentaccio in via di superamento anche grazie ai suoi exploit a pelo d’erba, non ultima la doppietta al Pireo per acciuffare gli ottavi di Europa League, strozzata però in gola dalla pena e dalle preoccupazione profondissime per le sorti della Patria sotto attacco. Un protagonista anche sui social network, tanto da essersi ritrovato il profilo Facebook sotto attacco dei segnalatori, che farebbe volentieri a meno di esserlo. Perché se lo è, significa che per la famiglia e il Paese sono dolori.

MALINOVSKYI, L’UOMO DEL MOMENTO. Impegnato su tre fronti internettiani, ovviamente grazie all’aiuto indispensabile di un social media manager, il mancino d’oro nerazzurro, ormai bergamasco di residenza e nello spirito, insieme alla moglie Roksana, la più social dei due in tempi non di di guerra, è attivo fin dal giorno dell’attacco putiniano attraverso post di denuncia, appelli a connazionali e italiani, crowdfunding a favore di onlus (“Come back Alive” e “SaveLIFE”) a sostegno della causa più importante di tutte. Quella della salvezza e della difesa della popolazione impossibilitata a vivere se non nei rifugi antiaerei o fuggendo oltre confine, con code quotidiane di centinaia di chilometri verso la Polonia. Chi interpreta il calcio e lo sport in generale come guerra in tempo di pace, almeno stavolta, alle soglie della minaccia di un terzo conflitto mondiale, ora si starà ricredendo. Di sabato 26 febbraio il coinvolgimento, anche se fin qui a livello di partecipazione non attiva, alle proteste dell’Associazione Zlaghoda, vedi presidi dell’ultimo weekend di febbraio anche da noi, che organizza aiuti (medicinali soprattutto) da far pervenire in loco e accoglienza di eventuali profughi nella Bergamasca.

MALINOVSKYI, L’UCRAINA E L’ATALANTA. L’uomo della Provvidenza per il fubal nostrano, insomma, preferirebbe poterlo essere per difendere con le unghie e coi denti ciò che è suo e attualmente gli viene espropriato. Il senso di appartenenza, l’identità, il diritto a essere una persona libera di uno Stato libero e sovrano, usato invece come dependance del famelico vicino di casa, l’Orso che ne domina gasdotti e oleodotti, provocato, ma non è un alibi, dal golpe filo-atlantista del 22 febbraio di otto anni or sono dopo il rifiuto dell’allora presidente (deposto) Yanukovich di firmare l’accordo di associazione e libero scambio con l’Unione Europea. Seguirono l’occupazione russa della Crimea (compreso referendum per l’annessione sotto le armi) e la guerra civile prima da carneficina e in seguito latente nel Donbass, le cui autoproclamate repubbliche indipendenti di Donetsk e Lugansk, russofone, etnicamente a maggioranza russa e ovviamente russofile, negli ultimi mesi, insieme al riconoscimento da parte di Vladimir Putin sono le cause scatenanti della crisi al pari delle rinnovate pressioni Nato per fare entrare l’Ucraina nella sua orbita.

LA CRISI UCRAINA: VENTI DI GUERRA. La guerra fredda atto II che diventa guerra e basta. I russi a casa di Ruslan e Roksana, peraltro più direttamente interessata e colpita perché ha la famiglia in Crimea (è di Sebastopoli), non hanno alcun diritto di starci, sia chiaro. Tutte le regole del diritto internazionale sono state violate in modo sistematico dalla deposizione del già richiamato filorusso Yanukovich in avanti. Per questo è impossibile anche ai coniugi con casa sotto Bergamo Alta non sentire come sacra la causa della sopravvivenza. Una partita che da soli, ahinoi e ahiloro, non possono vincere. Davvero un miracolo che il Colonnello, con questo peso sul cuore, riesca a tirare fuori il meglio per quello che è in definitiva è un gioco, e pure del tutto futile di fronte a una sciagura immane. Sosteniamolo: lui e la sua Patria se lo meritano.

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Micio_Re
Micio_Re
2 anni fa

No War in Ukraine

Silvia
Silvia
2 anni fa

Forza ruslan e roksana bergamo e tutto il mondo vi sono vicini e pregheremo x questa stupida guerra e viva la pace… Non siete soli vi siamo vicini

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