Al riposo il cambio, il croato non ha contribuito a filtrare come al solito il fraseggio della Lazio
Uno dei temi tattici più caldi della partita di ieri ha riguardato soprattutto la distanza, in senso posizionale, emersa tra il regista della Lazio Cataldi e Mario Pašalić, sulla carta l’uomo chiave per emarginare il possesso biancoceleste in mediana nei piani di mister Gasperini. Come confermato anche dallo stesso tecnico di Grugliasco nel dopogara, l’Atalanta è parsa spesso ritardo sui riferimenti, risultando spesso in difficoltà relativamente alla lettura degli uno-due avversari, sempre efficaci e ficcanti a liberare gli uomini offensivi, peraltro ancora più imprevedibili del solito vista l’assenza di un centravanti. Racchiudere il tutto ad un solo duello è ovviamente ingeneroso, ma a mancare era proprio la prima pressione, con la Lazio libera di impostare i ritmi di gioco secondo le proprie esigenze
Va da sè, come conseguenza, che il fatto che la Dea abbia faticato tantissimo nella lettura della rete di passaggi avversari, basata su una costruzione operata sempre in piena superiorità numerica e con pieno controllo emozionale, forse anche per via del fatto che il gol di Zaccagni è arrivato molto presto, cambiando così immediatamente le esigenze delle due formazioni. Lo stesso Cataldi si abbassava tra i due difensori, di fatto formando una linea a 5, visto che sia Marusic che Lazzari si spendevano meno in avanti rispetto al solito. Una scelta che ha premiato, permettendo di far uscire la palla sempre in maniera pulita e al contempo mantenendo una solidità difensiva che ormai premia ampiamente la formazione capitolina come miglior difesa del campionato.
I cambi di posizione degli esterni attorno al 20′ e gli aggiustamenti dell’intervallo hanno leggermente migliorato, almeno in termini di tempo in controllo del pallone, la situazione nell’ultima mezzora di gara. L’impressione, però, sin da subito, è stata che i buoi fossero già scappati dal recinto.