Candeline per tre ex della storia nerazzurra dagli anni novanta ai duemiladieci, mercoledì 4 gennaio: Paloschi e l’occasione mancata
Anagraficamente il più anziano del lotto, Mauro Valentini, viterbese classe ’64, centrale o esterno difensivo non male nemmeno in gioco aereo (vedi video sotto), è anche quello con più presenze dei tre: 125 con 7 reti (su 398 e 14 da pro), dal ’91 al ’96. Il mezzano, un ’74, Andrea Sottil, stopperone torinese nato a Venaria facenti funzioni in nerazzurro nel triennio ’96-’99, sta stupendo tutti da allenatore dell’Udinese dal bel calcio spumeggiante e intenso. Ma del lotto dei festeggiati di mercoledì 4 gennaio è il più giovane, Alberto Paloschi, l’ex atalantino che da bergamasco di provincia (Cividate al Piano) ha più deluso nelle limitate occasioni concesse nel nuovo corso targato Gian Piero Gasperini: la partita in Coppa Italia con la Cremonese precedette le 13 in campionato (401 e 99 in carriera), col rigore sbagliato del possibile 1-1 a Cagliari alla quarta giornata a costituire i titoli di coda anticipati al film del feeling mai nato con l’attuale profeta del nuovo corso bergamasco del pallone.
VALENTINI, MASTINO ANNI ’90. Da Bruno Giorgi a Emiliano Mondonico per tornare in A, passando per il settimo posto di Marcello Lippi alle soglie dell’Europa, l’allora acerbo Francesco Guidolin dei primi esperimenti a zona e la coppia da retrocessione Andrea Valdinoci-Cesare Prandelli che costrinse alle dimissioni dalla presidenza number one Antonio Percassi, Valentini arrivò da reduce del Cagliari di Claudio Ranieri del doppio salto dalla serie C con Coppa Italia di categoria vinta. Come compagno di reparto, anche un Paolo Montero sdoganato nel Vecchio Continente. Dopo la Dea, la Lucchese e la Viterbese per appendere le scarpe al chiodo a 37 anni nel 2001. Guida la Juniores della Sangiustese, provincia di Macerata.
SOTTIL, DA STOPPER A MISTER. Il papà d’arte Sottil, per una curiosa nemesi del destino genitore di un’ala pura come Riccardo, scuola Fiorentina che in viola non riesce a sfondare, era un rognosissimo mastino (103 match e reti da noi, 474 e 16 in tutto) dal capello lungo scuola Toro e passato proprio in terra medicea per battere proprio l’Atalanta nella doppia finale del trofeo della coccarda prima di ritrovare il Mondo (Coppa Italia numero 1, finale di Coppa delle Coppe contro l’Ajax con sedia del mister al vento da spettatore) tra l Brembo e il Serio. Poi, le Zebrette, la Reggiana, il Genoa, il Catania, il Rimini e l’Alessandri ritirandosi nel 2010. Da allenatore, Siracusa, Gubbio, Cuneo, Paganese, Livorno, Catania, Pescara e Ascoli prima di farla da Gasp della Dacia Arena. Da queste parti, qualche soddisfazione al netto del ritorno al piano di sopra fallito con Bortolo Mutti.
PALOSCHI, IL BOMBER MANCATO. Dalla natìa Cividatese al trasferimento dodicenne al Milan, fino al gol all’esordio da pro al Siena all’ingresso in campo il 10 febbraio di 14 anni fa che ne fece il predestinato per eccellenza, il buon Paloschi, agli inizi un po’ frenato fisicamente soprattutto al Parma (anche il Genoa di mezzo) dalla crescita protrattasi oltre la maggiore età, non superò la prova del nove dei provini per i nerazzurri. Pescato allo Swansea, il suo format Premier League post Chievo da Giovanni Sartori con un blitz di inizio estate in cui l’oggetto del desiderio del calciomercato era tornato dalle vacanze alle Baleari per presentarsi al nuovo pubblico a Oriocenter il 23 giugno 2016, 8 giorni dopo il Gasp, il ragazzo della Bassa Orientale ebbe a dire di aver coronato un sogno. Non sarebbe andata così: Spal, Cagliari e Siena le stazioni successive. Tanti auguri pure a lui: di ciambelle che riescono prive di buco ce ne sono state tante altre.