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Il fuorigioco – Il calcio è una cosa semplice. E Messi ne è l’incarnazione

Messi

La bellezza del calcio è che è un gioco estremamente semplice. E più lo si gioca in modo semplice più diventa bello, gradevole, fluido. Forse è per questo che è il gioco più popolare del mondo. Basta pensare al fatto che non serve altro che qualcosa di rotondo e qualcosa che somigli a sei pali per costruire le due porte (ma spesso ne bastano quattro, la traversa la si misura ad occhio e ci si diverte allo stesso modo, anzi forse di più). Al di là del concetto prettamente materiale di “semplice” appena enunciato, cosa significa che il calcio è un gioco semplice? Ci serviamo di un esempio che vale più di tante altre parole. Quale è stata la squadra più forte degli ultimi 10 anni? Il Barcellona di Guardiola. Come giocava? Stop e passaggio, stop e passaggio. Come diceva Josè Altafini nelle sue celebri telecronache: “Pagina 1 del manuale del calcio”. Per cui la cosa più semplice. Senza andare troppo lontani, anche l’Atalanta gioca un calcio semplice fatto di corsa, pressing, tecnica primaria affinata ed entusiasmo che lo si vede nel fatto che tutti, da Caldara a Petagna possono fare gol. D’altronde il calcio semplice e genuino è quello che insegnano a Zingonia ed è quello che fa le fortune del vivaio bergamasco.

L’esempio del Barcellona tuttavia ci permette anche di introdurre il protagonista di questo pezzo – ci venga concessa una divagazione che non riguarda direttamente l’Atalanta, per questa volta ci prendiamo una pausa Nazionali anche a noi – il nome del quale è Leo Messi. Doveroso rendere omaggio ad un genio sceso sui campi di calcio per ricordarci quanto questo gioco sia speciale. Gli rendiamo omaggio a periodi alterni come se quello che facesse tutte le domeniche sia ormai scontato, ma ci sono volte – per fortuna – in cui abbiamo ancora la forza di fermarci un attimo (o siamo costretti a fermarci) per renderci conto di quello che stiamo vivendo da un decennio. Lo facciamo oggi a poche ore dalla missione portata a termine da lui (e solo in parte dall’Argentina intera viste le pessime prestazioni) che con 3 gol – e che gol! – ha portato la Selecciòn ai mondiali di Russia 2018 proprio quando la sua nazionale era ad un passo dal baratro, sportivo ma non solo perché da queste parti il calcio è una ragione di vita.

Dicevamo che il Barcellona di Guardiola è l’esempio di quanto sia bello e vincente il calcio semplice. E dicevamo anche che il protagonista della nostra storia è Leo Messi. Tutto torna perché il “10” argentino era – ed è tuttora – l’emblema del Barcellona. Messi è straordinario perché è semplice in quello che fa in campo. Sia chiaro, è autore di gesti tecnici che riescono a lui e solo a lui, ma se lo osserviamo bene il suo gioco non è mai caratterizzato da “numeri” da circo, da colpi di tacco, da azioni appariscenti, lui non ha strapotere fisico e nemmeno particolari doti atletiche. Non per niente è chiamato “la Pulce”. Il gioco di Messi si fonda su un controllo di palla allucinante che impedisce a tutti di distinguere dove inizia il suo piede e dove la sfera. E porta avanti la palla con velocità supersonica, il suo però è un flusso non uno scatto, è un avanzamento veloce di cui al momento non ne comprendi la straordinarietà fino a quando non ti accorgi che il pallone è già in rete e sei costretto a rivedere, al rallentatore, la sua azione. Il gioco di Messi si basa su istanti, un controllo, un calcio, uno stop, un movimento banale i quali – addizionati – compiono un’azione.

Quando Messi calcia il pallone ad esempio non ti accorgi di ciò che sta succedendo. Non compie il classico movimento ampio della gamba che carica e poi si slancia in avanti. Messi elimina i tempi di gioco precedendo la mossa difensiva dell’avversario. I suoi tiri non sono le “bombe” di Bale, ma sono sempre imprendibili perché il portiere non ha il tempo di intuire dove stia andando il pallone mentre Messi punta la porta. I suoi dribbling non sono spettacolari come quelli di Ronaldinho che si esibiva in vere e proprie danze celebrative, ma sono semplici spostamenti del pallone con la punta del piede fatti al momento giusto. E quale sia il momento giusto lo sa solo lui.

Leo Messi in definitiva è uno spot per il calcio, quello originale, quello giocato per le strade da piccoli – e questa volta non è retorica, ma motivazione di un tipo di tecnica maturato nel tempo – ed è da far vedere a tutti i bambini che sognano di diventare come lui. Non perché ha soldi, macchine lussuose e capelli biondi, ma perché incarna lo spirito primitivo e più verace del calcio: la semplicità.

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