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Pinardi: “Lo ribadisco: Ilicic vale Cristiano Ronaldo”

L’ex centrocampista dell’Atalanta, Alex Pinardi, è intervenuto a “Stadio Aperto” su TMW Radio per parlare di temi nerazzurri

Di seguito un estratto delle dichiarazioni dell’ex nerazzurro“Vita dopo il ritiro? La sto vivendo bene perché lo stacco non è stato traumatico visto che sto allenando i ragazzi della Feralpisalò. Sono collaboratore dell’under 17 e sono anche maestro di tecnica con l’under 15 e under 14. Il lavoro nel settore giovanile è molto gratificante e devo ringraziare la Feralpisalò per la fiducia”.

RICORDO PIU’ BELLO ALLA DEA. “Il più bel ricordo della mia esperienza all’Atalanta è stato conoscere il mister Vavassori che per me è stato come un padre. Quegli anni sono stati bellissimi e li ricordo con molto piacere, visto che in virtù dei risultati che non arrivavano per la prima squadra si è deciso di puntare su noi giovani che abbiamo poi fatto il salto in prima squadra con lo stesso mister”.

IL PRESENTE DELLA DEA. “L’Atalanta adesso è diventata una grande del nostro campionato, non solo per i risultati ma per il modo di giocare. Quando una società lavora bene dal settore giovanile alla prima squadra i risultati, prima o poi, arrivano. Il lavoro che ha fatto Mino Favini ha fatto scuola, era il “Messi” del settore giovanile. Aveva delle idee ben chiare su cosa fare e aveva delle regole ben precise”.

ILICIC COME CR7. “Si certo, Ilicic è un giocatore che in questo momento è uno dei migliori del campionato. Sta facendo cose incredibili su tutti i campi della Serie A. Adesso ha trovato anche la continuità delle prestazioni grazie al lavoro di Gasperini che lo sta facendo diventare un giocatore da top club europeo. È una squadra totale, la più bella del campionato insieme alla Lazio”.

CARRIERA. “Dopo gli anni di Lecce avevo avuto delle richieste importanti, poi sono andato a Modena perché stavo diventando papà per la seconda volta dopo aver avuto un primo figlio con dei problemi cardiaci importanti, che per fortuna ha superato. Non potevo lasciare da sola mia moglie andando a giocare distante da casa, non sarebbe stato giusto. Il problema di mio figlio non era una banalità e quindi la situazione era difficile, l’ho condiviso solo con una cerchia ristretta di persone e lo sapevano i miei allenatori perché avevo bisogno anche, a volte, di prendermi dei giorni per stare dietro alla mia situazione familiare. Quando poi il problema è stato superato sono andato a Cagliari a 30 anni. Sono contento della scelta che ho fatto perché la mia famiglia viene prima di tutto”.

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