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Mancini, il rimpianto della difesa avversario giovedì. Compleanno per tre il 17 aprile

mancini

L’ex Gianluca Mancini spegne le candeline lo stesso giorno di due altri nerazzurri storici (o meno…) come Marmo e Micillo. Nella Roma la definitiva consacrazione

Era qualcosa a metà, all’epoca, sotto Gian Piero Gasperini ovvero la sua rampa di lancio, tra l’erede di Mattia Caldara da perno e il vice di Rafael Toloi sul centrodestra. Ma se nella seconda posizione, lancio lungo più che impostazione, fu favorito dalle noie alla caviglia destra del brasiliano, il primo ruolo non fu suo troppo a lungo. A ragione, forse, visto che da perno nella difesa a tre il suo attuale allenatore Paulo Fonseca gli preferisce l’altro ex Bryan Cristante, che dalle nostre parti giostrava di preferenza dietro le punte. Come lui, però, Gianluca Mancini, difensore probabilmente rimpianto dall’Atalanta, sul campo ma non certo nelle casse societarie, alla Roma sta conoscendo un ulteriore passo in avanti nel rendimento e anche nell’evoluzione da jolly, visto i ritorno estemporanei al ruolo originario di mediano. Oggi il difensore di Montopoli in Val d’Arno, avversario diretto giovedì 22 aprile alle 18.30 all’Olimpico, compie i suoi primi 25 anni. Nello stesso giorno, sabato 17 aprile, di due altri ex nerazzurri del pari di Corrado Marmo e Davide Micillo.

MANCINI, COMPLEANNO IN DIFESA. Marito di Elisa dal 23 dicembre 2019 e padre di Ginevra dal 18 luglio dell’anno scorso, Mancini, nativo di Pontedera dove c’è l’ospedale più vicino a casa sua, cresciuto nel Valdarno Calcio (fino ai 9 anni) e nel settore giovanile della Fiorentina, vi vinse lo scudetto Giovanissimi Nazionali nel 2011 aggregandosi al ritiro precampionato sotto Vincenzo Montella nell’estate del 2014. Acquistato da Giovanni Sartori il 12 gennaio 2017 rimanendo in prestito al Perugia fino al termine della stagione, terminato il biennio umbro sotto i cieli di Bergamo sono state rose e fiori dopo un avvio in sordina, fino a 48 presenze e 7 reti, secondo difensore-goleador (5) nel campionato 2018-2019 dietro Aleksandar Kolarov (8) che oltre a giocare proprio nella sua futura e attuale destinazione in più tira(va) pure le punizioni. Dal 17 luglio 2019 è un figlio della Lupa giallorossa: 2 milioni di prestito oneroso, obbligo di riscatto a 13 più 8 di bonus. Fanno 23, come il numero di maglia, ispirato all’idolo di gioventù Marco Materazzi. Per lui un buon viatico anche in Azzurro, con le sue 5 presenze; da professionista nei club, invece, siamo a 153 con 14 porte altrui bucate.

UNA PUNTA DI MARMO. Centravanti, ala o tornante di destra, originario di Canelli che sta nell’Astigiano tra le Langhe e il Monferrato, terra vitivinicola e di tartufi, Marmo, giunto al settantaquattresimo traguardo con l’anagrafe, da atalantino non segnò poi granché. 39 nel sacco tra B e D nei soli campionati, iniziò la carriera sotto casa per poi emigrare ad Asti, Cesena, Bari, Reggio Calabria, Brindisi e Ferrara senza mai essere utilizzato dagli estensi, come nella seconda stagione bergamasca. Arrivato dalla Puglia nell’estate del 1975 insieme al tuttofare di scuola juventina Vincenzo Chiarenza, tra quanti gli soffiarono la maglia numero 9 (la 11 la più usata, seguita dalla 7) finita anche ad Augusto Scala, alla mezzala Raffaello Vernacchia (bomber con 5 insieme a Chiarenza e “Gusto Gol”, però a segno una volta anche nel trofeo della coccarda) e al baby Hubert Pircher, lui in 28 presenze (più 1 in Coppa Italia) ne mise due, decisive, sempre al “Comunale”, solo nel 1976: al Taranto il 18 gennaio (da 9), al Catania il 14 marzo. Il difficile campionato cadetto, cominciato con Giancarlo Cadè in panchina, nelle ultime tre giornate viene chiuso con altrettante vittorie buone per la salvezza da Gianfranco Leoncini. Alla promozione sotto Titta Rota, al contrario, non diede alcun minuto di contributo pur risultando in rosa.

MICILLO SENZA ARTIGLI. Se Marmo può dire di aver giocato con Antonio Percassi, Pierino Fanna e Antonio Cabrini, lo juventino di vercelli Micillo, 191 centimetri di morbidezza, può raccontare alla discendenza di essere stato il titolare fra i pali della squadra di Pippo Inzaghi capocannoniere in A (24) prima che l’ex milanista Davide Pinato riuscisse a fargli le scarpe. Ovvero 11 partite di campionato al netto del primo turno di Coppa Italia concessogli da Emiliano Mondonico il 23 agosto del ’96 sul campo della Spal (Sorce, Inzaghi, Sussi ed eliminazione). Inamovibile in 7 dei primi 8 turni, in cui ne becca 15, ne gioca altri tre oltre il giro di boa raccogliendo dalla rete la sfera altre 6 volte. E intanto Pinato ha il tempo di collezionare 757 minuti di record d’imbattibilità. Le altre piazze? Ancona, Ravenna, Genoa, Cesena, Reggina, Parma dal gennaio ’99 (Lino Mutti in panchina) dopo mezza finestra ancora a Bergamo dietro Jimmy Fontana e di nuovo il monzese, : buonanotte…), Cosenza, Brescia, Ascoli, Catanzaro, Novara e Borgomanero. Da qualche annetto cura la preparazione delle giovanili bianconere. Auguroni.

 

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