Sul neutro di Monza per i nerazzurri è una gara a rincorsa, ma dopo il vantaggio di Pergolizzi ci pensa il padovano
Uno slalom appaggiato da Claudio Caniggia per un mancino nella cruna d’ago dell’area più affollata di sempre. Carletto Perrone, quel lontano 8 settembre 1991 dell’annata piena di Bruno Giorgi, sostituto in corsa di Piero Frosio, acciuffò l’Ascoli pressoché da solo. 14 giri di lancetta dopo il vantaggio in corsa di Rosario Pergolizzi su smistamento di Oliver Bierhoff, per dire di che razza di campioni infarcivano gli organici perfino di squadre votate alla retrocessione. Alla seconda giornata dell’esordio casalingo sul neutro di Monza, perché le gradinate del vecchio Comunale di Bergamo erano in ristrutturazione, ecco il guizzo del pari dell’ala-trequartista di Padova.
PERRONE E L’8 SETTEMBRE. Al “Brianteo” – alla prima giornata, a Napoli, fatale Gianfranco Zola a 6′ dal 90′ – il guizzante e tecnicissimo arrivo di due anni prima dal Bari era peraltro già andato a segno, per chiudere sul 3-1 la prima in Coppa Italia del 28 agosto precedente proprio contro l’espressione calcistica della sua città nonché sua alma mater. In quel caso, a Montrone (23′) avevano risposto il Figlio del Vento (27′) e Roberto Bordin (38′). Quell’annata Perrone avrebbe punito il Foggia nel 3-2 corsaro del 24 novembre e il Bari alla trentunesima, prima di chiudere a danni di Napoli, Fiorentina, Juventus, Cagliari e Roma la parentesi del gol da atalantino finita nella primavera del ’94 a quota 17 nelle 132 presenze in un quadriennio rimpinzo di due partecipazioni alla Coppa Uefa, eliminati al primo turno dallo Spartak Mosca nel ’90 e quindi ai quarti dall’Inter l’anno dopo quando il nostro segnò nel 4-1 casalingo al Fenerbahce.