Quando l’Atalanta becca, perde. Sempre. Ne sono una testimonianza i 5 clean sheet più quello europeo, con la sola Juventus a rosicchiare punti senza prevalere. L’unica eccezione del binomio gol subìto-sconfitta è stato il 2-1 di Lisbona in Europa League. Senza perdere tempo a mettere i puntini sulle i del “chi avrebbe dovuto tenere o marcare qui, quando, dove, come e perché”, sono le nude cifre a spiegarci che i nerazzurri pendono dalle labbra della difesa. Non a caso, dei 9 palloni raccolti finora dalla propria porta, gli 8 in campionato sono coincisi con le 3 sconfitte di questo scorcio di stagione. E non è che davanti si stiano facendo chissà quali faville: 13 in 8 turni in A, 4 in 2 sui palcoscenici continentali.

Gol presi, sconfitta sicura

Siamo alla coperta corta, in una retroguardia dalla rotazione a cinque, con spizzichi e bocconi per José Palomino (Monza, Verona, Sporting) e la sottrazione chissà per quanto tempo del capitano Rafael Toloi fattosi male (ginocchio e bicipite femorale sinistro) proprio al “José Alvalade”. Il trio Scalvini-Djimsiti-Kolasinac, teoricamente e nei numeri il pacchetto di guardia titolare, per almeno i due terzi da destra a Roma con la Lazio ha fatto acqua. A Frosinone l’oriundo del Mato Grosso non c’era, a Firenze sì. I ko con più reti prese sono stati coi tre suddetti al comando. Segnano pure, a volte, vedi il quasi ventenne in Portogallo e il trentenne d’importazione giusto nella Capitale, ma è dietro che si decide tutto.

Da Frosinone a Firenze, la difesa comanda

Il quattro contro quattro sul primo corner di Luis Alberto all’Olimpico, sfociato nella sfortunata deviazione di un Charles De Ketelaere che se era lì qualcuno deve avercelo mandato nonostante non sia proprio roba sua, ha soltanto aperto le danze del ballo del liscio più o meno collettivo di un reparto che ove non ben coordinato ha il potere di indirizzare le partite ben più dell’attacco. La responsabilità è da attribuire fattualmente agli errori individuali, dunque.