Spesso, in quota Atalanta, si ripete all’infinito la favola sportiva della regina delle provinciali diventata una sorta di big aggiunta grazie al lavoro dello staff tecnico e a certi incroci felici di calciomercato. Negli ultimi 2-3 anni d’esercizio, gli ex poveri ma belli ne hanno tirati fuori sempre di più, dai 20 per Musso ai 17 per il danese ora al Man Utd passando per i 22 di Boga e i 20 di Ederson, fino allla spesa grossa in estate. Ma se la primissima edizione gasperiniana del fenomeno che non conosce la fine di un ciclo di ormai quasi 8 anni era fondata sui prestiti di ritorno dei figli del vivaio più la tecnicissima leadership del Papu Gomez, poi raggiunto da grandi elementi come Josip Ilicic, Duvan Zapata e Luis Muriel, adesso alla notevole spesa non sembra corrispondere l’impresa. Perché, al netto della qualificazione agli ottavi di Europa League appena conquistata, in campionato la zona Champions continuando a non saper pareggiare (solo l’occhiale casalingo con la Juventus) alla lunga diventerà un miraggio.

L’Atalanta dei grandi investimenti: sopravvalutata o in rodaggio?

Passi l’infortunio di El Bilal Touré, sfiga che sarebbe potuta capitare a qualunque altro club, ma sono proprio i 31 milioni necessari a prenderlo la base di partenza del ragionamento circa potenzialità e prospettive di una squadra comunque rinnovata di botto dopo anni di quasi immobilismo nel reparto avanzato, quel che più interessa all’allenatore “perché è lì che si fa la differenza”. Venduto Rasmus Hojlund per 75 milioni più 5 sicuri e altrettanti meno di bonus, la cessione più danarosa della storia, soldi a budget ce n’erano e ce ne saranno sempre. Gianluca Scamacca, costato 1 unità monetaria a sei zeri di meno, c’è e sta rispondendo presente, capace com’è di regalare una nuova dimensione al gioco con la sua potenza in elevazione. Eppure, quando si spendeva meno, la squadra era decisamente più forte, tanto da aver sfiorato lo scudetto nella stagione troncata a metà dalla pandemia e ripresa in estate quando i nerazzurri ne avevano più di tutti.

Più spendi, meno rendi: i perché di un’apparente contraddizione

La realtà è che i valori di merito, come ripete sempre Gian Piero Gasperini, non si decidono a suon di milioni ma sul campo. I prezzi sono la logica conseguenza dell’essere saliti di livello: per le regole non scritte del mercato, i giocatori ancora giovani, già performanti e un po’ ambiti in giro vedono lievitare valutazione e costo del cartellino. Tradotto in parole povere, se stazioni in Europa e sei stabilmente tra le sette sorelle del tuo campionato nazionale, vuoi dire che per mantenerti a certi livelli devi spendere, a meno di non continuare a sfornare talenti dal vivaio per riprenderteli dopo averli mandati a farsi le ossa. Non ci saranno sempre, anzi non ci sono più, i vari Caldara, Conti, Gagliardini, Kessie, Barrow, Diallo e Kulusevski, che se non ti hanno fatto fare tutti il salto di qualità, quantomeno ci hai guadagnato dei bei soldoni da reinvestire. E se per rinnovare l’organico ti presenti a tasche piene al tavolo delle trattative, i venditori sparano alto.

L’Atalanta: ricca e insoddisfatta vs povera ma bella

L’immissione di capitale fresco (si dice dai 250 ai 320 milioni a seconda delle fonti) da parte degli americani Pagliuca & Co. nel febbraio dell’anno scorso ha corroborato l’immagine di un club ad asticella sempre più alzata, che però la coppa dalle grandi orecchie rischia di vederla col binocolo per la terza annata consecutiva a ruota di quelle spese a sognare in grande quando non si spendeva così tanto. Tolto il diez argentino attualmente sospeso per doping, pescato nella guerra civile in Ucraina 9 rivoluzioni terrestri fa, Josip Ilicic (Fiorentina) era costato 5,75 milioni, Duvan Zapata, allora (estate 2018) l’affare più oneroso della storia societaria 2+12+12, Luis Muriel 18 coi bonus l’anno dopo. Chiaro che poi le stelle brillano sempre meno con l’avanzare implacabile dell’anagrafe. Il rinnovamento costa molto di più, se non hai risorse cresciute in casa e pronte all’uso. Poi ti capita di prendere Bakker che fa da backup a Ruggeri, un ragazzo che è tuo dai Pulcini. E Inter-Juve-Milan-Napoli, non solo sulla carta, hanno più capacità di spesa e sono più forti. Ha ragione il Gasp a lamentarsi delle troppe aspettative, perché pur con tutti i suoi miracoli da sangue di San Gennaro e oltre, gli altri ne hanno di più anche per le messe cantate.