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Da Ronzon a Grassi passando per Manueli e Limido: candeline del 7 marzo

7 marzo, tempo di candeline a quattro per gli ex nerazzurri: dal passato sbucano oltre a Grassi anche Ronzon, Manueli e Limido

Alberto Grassi tocca quota 29 da giocatore dell’Empoli dopo esserlo stato di Napoli, Spal, Parma dove dovette ricominciare da capo dopo essersi fatto il crociato sinistro (4 dicembre 2018) e Cagliari. Ma il calendario atalantino dei compleanni di oggi, giovedì 7 marzo, non lascia certo da solo l’interno-mezzala di Lumezzane cresciuto nel settore giovanile di Zingonia, tornato a Bergamo in prestito dai Ciucci nella prima stagione gasperiniana. Gli altri tre a soffiare sulle candeline sono il pari ruolo neo novantenne Pierluigi Ronzon, Luigi Manueli (71) e Bruno Limido (63), stantuffo di fascia sinistra, uno Spinazzola più compatto e dal gol in canna che alla Juve vinse Supercoppa Uefa (1984) e Coppa dei Campioni (1985) ma come tanti suoi pari non ebbe la carriera che i mezzi tecnici gli avrebbero consentito.

7 marzo: tanto Grassi che cola

Lanciato da Edoardo Reja, che lo chiamava affettuosamente in pubblico “il mio bambino”, fino a farlo diventare una plusvalenza da 0 presenze sul Golfo da gennaio (27) 2016, il valgobbino Grassi in realtà fu gettato nella mischia da senior da Stefano Colantuono (22 novembre 2014, 1-2 con la Roma, dal 69′ al posto di Daniele Baselli). Nipote di cacciatore nella patria delle quaglie, cresciuto insieme a Conti, Gagliardini e Caldara, tutti vicecampioni Primavera 2013 dietro la Lazio nel tris sulla gobba di Gubbio, col Gasp è stato sostanzialmente un tappabuchi (14 su 18 uscendo dalla panca in campionato) rompendoci il ghiaccio in zona gol (6 in 169 presenze assolute: pochino): vittima designata il Pescara, bucato nel quarto turno di Coppa Italia il 30 novembre (3-0, a metà del guado tra Raimondi e Pesic) e in A (stesso score, tra un acuto del Papu e l’altro) il 19 marzo 2017.

Limido, l’esterno non timido

Il varesino Limido, poi attivo nella mediazione nell’ambito della logistica aeroportuale a Malpensa con l’ex presidente del Varese Antonio Rosati, crebbe proprio in biancorosso sotto i mister Giorgio Rumignani ed Eugenio Fascetti. Prima di finire a Bergamo (con Nedo Sonetti, 4 presenze più 2 in Coppa Italia nel 1985/86 per poi andare in prestito al Bologna, e 18 più 9 nel 1986/87 della caduta in B), Lecce, Cesena e Solbiatese per appendere le scarpe al chiodo trentunenne una volta tornato alla base, ecco il bianconero Juve. A differenza degli ex compagni in Irpinia Tacconi, Vignola e Favero, all’ambidestro tutto sgroppate e tiro-cross ciclonico come pochi, vedi i due gol dalla bandierina in maglia verde e poi col Cesena, toccarono le briciole della mensa degli epuloni: poker di allacciate di scarpe in campionato, tris nella regina di coppe e settebello nel trofeo della coccarda.

Manueli, il tornante di Titta

Forse troppo a metà per quei tempi tra lo spot di terzino e quello di pendolino, al contrario di un altro prodotto del vivaio insubre come Manueli, vogherese di destra che il 7 ce l’aveva tatuato sulla pelle. Un’annata soltanto, in forza alla neopromossa di Titta Rota, 1977/78, infila due pregevoli prodezze: nel 2-1 di Verona e da match winner a Marassi col Genoa. In tutto, per lui (Alessandria, il Grifone, Verona, Saviglianese e Cairese le altre stazioni prima del capolinea, nel 1989), 25 presenze, compresa quella in Coppa Italia e tre nella Coppa Rappan.

Ronzon, 90 anni di mezzala

Quanto a Ronzon, di Gemona del Friuli come Simone Padoin, era la classica mezzala da sistema, cresciuta e arrivata dalla Samp come il vicentino Adriano Bassetto poco prima di lui, con l’otto sulla schiena e il vezzo di metterla: 11 gol in B nel 1958/59, 2 meno del capocannoniere di squadra Giovanni Zavaglio. La stagione del rientro al piano di sopra, dopo la retrocessione d’ufficio (allenatori Carlo Rigotti, Giuseppe Bonomi e l’austriaco Karl Adamek, rimasto in sella anche in cadetteria) per il Caso Azzini, leggi la presunta combine per vincere facile a Padova con il centromediano biancoscudato presunto colpevole eponimo. Ne avrebbe fatta un’altra sotto Ferruccio Valcareggi e stop, quindi la triade di big Milan-Napoli (Coppa Italia ’62, allenatore Bruno Pesaola)-Lazio: 253 presenze e 31 reti in A, 187 e 12 in B, 1 partita in Nazionale il 13 marzo 1960 a Barcellona contro la Spagna persa 3-1. Non malaccio. Tanti auguri a tutti e tre, perché il nerazzurro è come i diamanti e le donne: per sempre.

 

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