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Picella e Bracaloni, compleanno per meteore

73 candeline l’uno, 48 l’altro. Provenienti rispettivamente dalla Reggiana e dal florido vivaio di Zingonia. Centrocampista duttile l’aquilano, regista abbastanza raffinato col gol in canna – una cinquantina fra B e D – il carrarese. All’Atalanta i festeggiati di oggi, Giuseppe Picella, toccata e fuga da 14 presenze di cui 5 in Coppa Italia nell’annata storta della retrocessione all’ultima giornata di Giulio Corsini, e Riccardo Bracaloni, lanciato da Emiliano Mondonico e spedito definitivamente altrove nel passaggio da Bruno Giorgi a Marcello Lippi, sono passati come meteore.

Eppure negli anni settanta e ottanta, contraddistinti dalle rose ristrette più di un caffè al bar che tanto piacciono a Gian Piero Gasperini, la qualità complessiva era tendente verso l’alto. Ma se i due del genetliaco del 7 febbraio non trovarono in nerazzurro lo spazio desiderato, è proprio per la concorrenza spietata, molto più serrata dei giorni nostri. L’apuano a cui piaceva il 10 sulla schiena, in anni recenti in sella a dilettanti toscani, dalla San Marco Avenza all’Aglianese, fu tra i protagonisti della primissima epopea del Chievo, con Alberto Malesani in panchina e l’attuale tecnico Rolando Maran in difesa: promozione dalla C1 nella primavera del 1994, l’inizio di tutto.

A Bergamo, però, quasi solo l’onore di esordire in prima squadra dopo la trafila: primo maggio ’88, al posto di Barcella al 77′, nel 3-3 sotto la Maresana con l’Udinese dell’ex Nedo Sonetti, per poi rilevare Gian Mario Consonni a otto dal novantesimo nell’1-1 il 29 successivo nella tana del Brescia di Bruno Giorgi. Proprio colui che l’avrebbe lanciato in A, nel 3-2 di Foggia, il 24 novembre del ’91, di ritorno dai prestiti con il Trento, i Mussi e il Pontedera, gettandolo nella mischia a due dal gong al posto del doppiettista Carlo Perrone. L’avventura dura altre sei intrusioni da cambio in corsa, nel destino un poco di B e molta C con Chievo (112 e 7 nei soli campionati), Monza, Spezia, Fiorenzuola, Novara, Alessandria, Savona, Voghera, Villafranca e Pistoiese. All’attivo il Trofeo Dossena vinto nel 1987 contro il Real Madrid (segnando al Como in semifinale) con Giuseppe Cadè allenatore e tra i compagni Brivio (Pierluigi, il portiere), Compagno, Consonni e Del Prato.

Più breve ma non meno da giro d’Italia, visto che all’epoca c’era il vincolo e ci si muoveva solo se lo voleva il club di turno, la parabola professionale di Picella, abruzzese del capoluogo cresciuto in casa che a Reggio aveva condiviso il campo proprio con Giorgi e il futuro atalantino Alberto Rizzati. Nel curriculum Venezia, Taranto, Mestre, Pistoia e soprattutto Perugia, con cui raggiunse la prima storica A nel 1974-1975 insieme a Piero Frosio (indovinate dove avrebbe allenato…), Malizia e la coppia Savoia-Pelizzaro conosciuti in nerazzurro (come i vari Bianchi, Scirea, Percassi, Vernacchia, Pirola, Divina & Co.), sotto la guida di Ilario Castagner, formatosi come mister proprio nelle giovanili dell’Atalanta. Poca fortuna qui, come si diceva, ovvero retrocessione cocente per la classifica avulsa dopo aver perso le ultime tre partite di cui quella in coda col Vicenza per autorete di Vianello, ma quanto a maglie e posizioni in campo un collage che al Gasp sarebbe piaciuto: 6, 11, 7 e 10. Più la chicca dell’assist a Carelli nel 9-3 subìto dal Milan il 15 ottobre ’72, ma questa è un’altra storia. Augurissimi.

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