L’intervista apparsa sabato 26 maggio sulla Gazzetta dello Sport traccia la via di Gasperini. Ma perché proprio questi nomi? Scandagliamoli uno per uno, alla ricerca del talento da lanciare
“Butto lì qualche nome: Pessina, Valzania e Kulusevski“. Due prestiti cadetti, di cui il primo ha assaggiato le atmosfere proibite al piano di sopra senza metterci piede, e il mancino di talento strappato alla sua patria svedese dalla cantera di Zingonia. Il trio di nomi snocciolato dal presidente Antonio Percassi nell’intervista alla Gazzetta dello Sport suona come il sunto della filosofia societaria dell’Atalanta: allevare i baby promuovendoli quando sono pronti, senza attingere in misura depauperante dal settore giovanile di casa. La posizione del vertice del club rispecchia quella di Gian Piero Gasperini, vivificata dalle dichiarazioni recentemente raccolte dal Corriere della Sera di Bergamo mercoledì sera al Tennis Vip di Cividino.
PESSINA. Matteo il brianzolo, anzi monzese d.o.c., classe ’97, due gol (alla Salernitana e dal dischetto al Frosinone) e tre assist nello Spezia di Fabio Gallo con il parimenti prestito atalantino Guido Marilungo a raggiungere la sporca decina anche grazie a incursioni e senso del gioco della mezzala sinistra, è reduce dalla terza stagione vissuta appieno della sua breve carriera. 38 match, mentre nel 2016-2017 in maglia Como, da prestito milanista, erano stati 35 con 9 palloni in porta. Non male per chi aveva cominciato nel Monza appena diciassettenne prima dell’acquisizione rossonera e il biennio 2015-2016 perso tra Lecce e Catania. A Rovetta, nell’estate 2017, tutti in tribuna al Centro Sportivo Marinoni a chiedersi chi mai fosse il numero 40. Stavolta resisterà oltre il periodo di preparazione? In un reparto intruppato dei vari Freuler e de Roon, con Haas e Schmidt a levare le tende forse uno spazietto si può aprire.
VALZANIA. Più goleador dell’altro aspirante compagno, il cesenate passato anche dal Cittadella nel Pescara ha scritto cinquina (poker di servizi vincenti) in un campionato tormentatissimo (cambio della guardia Zeman-Pillon), con la salvezza di fatto all’ultima giornata. Si tratta di un ’96 abituato al centrocampo a tre, dove giostra mezzala con grinta e capacità tecniche non disprezzabili nelle due fasi. Come con Pessina, caratterialmente più soft di lui (8 gialli e 1 rosso non sono uno scherzo), si ritenta l’operazione Kessie, un’annata (in Romagna) di rodaggio e si parte alla conquista della plsuvalenza. Le sue chances dipenderanno dall’abbondanza o meno lì in mezzo a mercato definito. Non è una scommessa, comunque, ma un progetto: il cartellino è della Dea dal 24 giugno 2015, 6 milioni di valutazione in cui erano ricompresi il trasferimento di Moussa Koné e del trio di parcheggiati Molina-Caldara-Varano.
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KULUSEVSKI. L’inserimento in lista Uefa da parte del Gasp di un Millennial puro come lui (2000) dice già tutto o quasi. Altro tutto-sinistro della brigata, è stato gratificato della convocazione contro Benevento, Torino e Lazio. Solo panchina in A, nella Primavera s’è rivelato una sorta di Bernardeschi pronto a escursioni da mezzala o trequartista centrale, anche se si sta specializzando da falso nueve. Cinque i centri personali, ma una dozzina fra assist e rigori procurati; sdoganato in Under 19 da Massimo Brambilla, sotto di lui in Under 17 aveva detto rispettivamente 17 e 15. Passaporto svedese e sangue macedone, edotto al calcio dalla sorella maggiore Sandra (classe ’96, non gioca più a livelli agonistici), è cresciuto nel Brommapojkarna, stravede per i Cleveland Cavs della Nba e per Lebron James, all’epoca venne strappato alla concorrenza dell’Arsenal ed è poliglotta: svedese, macedone, inglese, italiano e tedesco. L’esperanto della sfera di cuoio però prevale.
