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Ottorino e gli altri: auguri atalantini per tre

L’ex portiere dell’entusiasmante cavalcata in Coppa delle Coppe ne compie 64, il carneade Poggi 52 e infine l’ex ct della Nazionale Conte 49: citati in scala di importanza…

Il portiere del ritorno in Europa dopo 25 anni dalla prima volta, quella della Coppa Italia vinta nel ’63 e della Coppa delle Coppe affrontata e persa al primo turno in tre gare con lo Sporting Lisbona. Il terzino sinistro di mezza stagione di serie A cadendo in cadetteria a piombo alla fine della prima era Percassi. Infine, l’ex ct della Nazionale che da queste parti più che cattivi ricordi ha lasciato l’immagine del battibecco col pubblico e dello sganassone preso nell’antistadio all’ultimo atto. Spengono oggi le candeline Ottorino Piotti, Andrea Poggi e Antonio Conte. Della serie, l’Atalanta non è per sempre e per tutti.

LA SARACINESCA DEI MIRACOLI. Impossibile definire il sessantaquattrenne Piotti, gallaratese di nascita e di scuola prima di passare per Como, Bolzano, Avellino (dove incontrò Pierpaolo Marino, con cui avrebbe collaborato anche sotto le Mura a livello di scouting) e Milan, come qualcosa di diverso dal Mito. Perché arrivò a Bergamo a quota 30 con Nedo Sonetti in panchina, al rientro in A dopo un quinquennio di purgatorio con l’inferno della C in mezzo, e ci rimase fino all’era di Emiliano Mondonico, quando Fabrizio Ferron si prese il posto che lui aveva fregato all’eroe della promozione Mirco Benevelli relegando Nello Malizia al ruolo di riserva. Del resto per non uscire dalla leggenda è bastata e avanzata la cavalcata europea nel 1987-1988 fino alle semifinali col Malines, da runner up con lo scudettato Napoli del trofeo della coccarda l’anno precedente (con retrocessione annessa): 120 tra A e B, 3 all’Anglo-Italiano, 29 in Coppa Italia e 8 in Coppa delle Coppe il palmarès di presenze. Chiuse nel 1990-1991 in maglia Genoa.

IL POGGI CHE SI TROVAVA SEMPRE. Non era come l’introvabile Paolo di certi album di figurine, omonimo (veneziano, lui invece massese di Montignoso) e anche compagno in Laguna, il più modesto Andrea, numero 3 cucito nel sottopelle e mezza annata nel ’94 per chiudere con l’arrivederci alla massima serie la primissima era del dimissionario Sant’Antonio da Clusone. 14 presenze agli ordini della coppia Andrea Valdinoci-Cesare Prandelli (ko l’acerbo Francesco Guidolin già nel girone d’andata), fine della predica: Torino, Reggiana, Cosenza e Caerano San Marco le altre stazioni.

CONTE E LO SCHIAFFONE. Epifania 2010, match numero 13 da subentrato ad Angelo Gregucci con altrettanti punti conquistati, la Dea che arrancava ai piedi dell’Olimpo per evitare il precipizio: due gol dal Napoli, insulti reciproci con la Curva Nord durante tutta la partita, strascico per la verità di quelli del test a casa della Tritium sotto Capodanno, e ceffone da un ultrà all’uscita degli spogliatoi, lato piazzale Goisis. L’ingloriosa disavventura di Antonio Conte prima delle glorie juventine in panchina e di quelle solo agognate con la Nazionale. Troppo una bandiera bianconera per piacere. Tanti auguri lo stesso. Del resto né Valter Bonacina (ko a Palermo) né Bortolo Mutti ebbero il potere di raddrizzare la barca dopo il suo abbandono da timoniere. Forzato, molto forzato, ma lasciando i soldi sul tavolo.

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