Il terzino bresciano giocò una sola stagione all’ombra delle Mura, la prima con Delneri in panchina. Da tre anni dirige la scuola calcio del Milan a Tokyo
Partire dalla natìa Val Trompia per andare a parare nel Sol Levante, con un breve intermezzo all’ombra della Maresana. 462 partite e 18 gol da professionista non sono poi così male. Strano destino, quello del terzino giramondo Manuel Belleri, al quarto compleanno di fila – oggi fanno 41 – di stanza a Tokyo, dove fa il direttore tecnico della scuola calcio del Milan. Per lui, bresciano di Gardone, una sola stagione e ricordi niente male con la maglia dell’Atalanta: 2007-2008, in prestito dalla Lazio, nel calcio champagne di Gigi Delneri.
IL BRESCIANO CHE SCRISSE VENTI. Non che fosse un campione, Belleri, ma quando uno dalla Capitale torna in provincia è tanta manna dal cielo. 13 presenze su 20 da titolare, giocando più spesso a destra quando non c’era Claudio Rivalta ma anche a sinistra, dove l’inamovibile di base era Gianpaolo Bellini e all’epoca il mancino puro Thomas Manfredini non era ancora stato spostato al centro della difesa rigorosamente a quattro. Nono posto, 48 punti, soddisfazioni tipo la memorabile cinquina sporca al Napoli, 52 gol fatti e 56 presi. Il cuore della retroguardia poteva contare su Moris Carrozzieri, Maxi Pellegrino, Leo Talamonti e Daniele Capelli. Il mattatore, davanti, Cristiano Doni, dietro le punte Riccardo Zampagna che lasciò a mezz’annata per screzi col mister, Antonio Langella che però di preferenza faceva l’esterno alto con Ferreira Pinto e Sergio Floccari.
DAL LUMEZZANE ALL’ESTREMO ORIENTE. Manuel, uno dei pochi made in BS ad aver vestito i colori nerazzurri insieme ai vari Chico Nova, Battista Festa, Marco Ambrosio (nelle giovanili) e Christian Tiboni, ricalca il modello del classico gavettaro che da sotto casa attinge ai vertici della professione. Sei giri di corsa al Lumezzane, di cui quattro in C2, e cinque all’Empoli, con promozione in A nel 2002 sotto Silvio Baldini: la rampa di lancio alla periferia dell’impero, cui sarebbero seguite la tappa all’Udinese, le due e mezza all’Aquila, la mezza al Bologna, quella a Lecce e il paio alla Spal, con scarpe appese al chiodo a quota 35. E ora l’impegno da samurai, pardon, da messaggero del pallone in Giappone. Auguri.