Tra il sogno Champions League e la realtà del Valencia. Tra le cinque defezioni altrui che in realtà sono otto e l’esperienza a certi livelli, pardon i più alti possibile, come fossato difficile da scavalcare. Specie se ci si gioca tutto “in 180 minuti, mica finisce a San Siro” e gli “basterebbe affrontare il ritorno con due risultati su tre”. Parola di Gian Piero Gasperini. In casa Atalanta si respira una ventata di entusiasmo pari soltanto al puzzo di bruciato dell’appagamento. Pessimismo eccessivo? Forse no. Anche dimenticando il girone d’andata da imbarcate e delusioni assortite nel Group Stage C.

APPAGAMENTO ALLA VIGILIA? Basta leggere in controluce le dichiarazioni del profeta del calcio nazionale per rendersi conto che il mancato accesso ai quarti non sarebbe certo una tragedia: “Va bene la fiducia sull’onda dei risultati precedenti, ma forse si sta parlando troppo poco di chi abbiamo di fronte”. Riavvolgiamo il nastro. Vigilia dell’ottavo di andata coi Pipistrelli, atto I: “Essere qui è già un successo, la squadra avversaria ha battuto l’Ajax e il Chelsea a casa loro, qualificandosi da prima”. E ancora: “I 43 mila di San Siro sono il record di pubblico per una partita casalinga dell’Atalanta, non solo in Europa”. Non basta. Febbre da sabato sera del post Roma: “Se fosse stato per me, ci saremmo rafforzati subito al mercato di gennaio senza aspettare l’estate. Altrimenti sembra che la qualificazione alla Champions sia il punto più alto e che non si possa andare oltre”.

TRA APPAGAMENTO E INSODDISFAZIONE. Ognuno è libero di girarla come meglio crede. Ma la sostanza è che il Gasp, ben lungi dal replicare l’acme dell’insofferenza stile “mercato triste ed esiguo” (estate 2018), in lista Uefa A e dintorni oltre al cavallo di ritorno Mattia Caldara, unica fonte di rafforzamento di un collettivo collaudato quanto privo di cambi di qualità sempre e ovunque, ha avuto solo comparse, più che promesse o prospetti. Raoul Bellanova nelle partitelle di rifinitura del martedì a Zingonia ha pure segnato, ma dopo essere stato “retrocesso” a tempo debito lla Primavera di Massimo Brambilla. Lennart Czyborra due lunedì or sono ha infilato il Radomiak disputando un test di lena e di gamba a due fasi, ma ne deve mangiare di polenta per dirsi un gourmet. Adrien Tameze va bene da backup, ma solo per spiccioli, vedi Firenze. Per inciso alla vigilia della Storia l’ha piazzata anche lui. I titolari, però, sono rimasti gli stessi. Spremerli come limoni è un’opzione priva di alternative. E su due fronti si rischia di pagare. Senza che l’appagamento prenda per forza il sopravvento. Lieti di essere smentiti.