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Gasperini: “Chi ci crede è uno di noi, quelli che hanno paura se ne vanno”

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L’allenatore della Dea ha rilasciato un’interessante intervista al Guardian, dove ha toccato tantissimi temi interessanti

Gian Piero Gasperini ha rilasciato una lunga intervista al Guardian. Di seguito un estratto delle sue dichiarazioni: “Una delle ultime volte ho inviato ai ragazzi una frase di Michael Jordan: “Ventisei volte mi sono preso il tiro finale e non ci sono riuscito. Ho fallito tante volte nella mia vita ed è per questo che alla fine riesco in quello che voglio”. Ma la cosa migliore che ho fatto è quella di aver attaccato nello spogliatoio una foto di un branco di lupi: ci sono lupi nella parte anteriore, al centro e in fondo al gruppo. Quelli in primo piano impostano il ritmo, quelli in fondo sono i più forti e quelli al centro vivono protetti dagli altri. L’ultimo è il capo che si assicura che nessuno venga lasciato indietro. Il messaggio è che il leader non si limita alla prima linea: si prende cura della squadra e questo è quello che voglio dai miei giocatori”.

ALLENAMENTI. “Durante l’allenamento i miei giocatori devono lottare. Quelli che non sono abituati a lavorare sodo mi spaventano. Dalla lotta nascono le vittorie. Se non corri in allenamento, allora non corri neanche in partita. Poi ovviamente è importante anche divertirsi in allenamento perché da questo deriva lo stile del gioco e la qualità di esso”.

SEGRETO DEA. Non abbiamo mai avuto i mezzi per grandi investimenti, quindi abbiamo dovuto trovare giovani giocatori in giro per l’Europa che avessero la stessa filosofia. Capaci di adattarsi al nostro stile di gioco, di prendere la mentalità offensiva della squadra e che fossero disponibili a lavorare sodo. Chi ci crede è uno di noi, quelli che hanno paura se ne vanno”.

GOMEZ. “Stiamo parlando di un giocatore straordinario, che prima di oggi non ha mai raggiunto il massimo dal proprio potenziale perché non si allenava bene. Quando ha iniziato ad allenarsi meglio, ha alzato il suo livello ed è diventato uno dei più forti d’Europa”.

ILICIC. “Lo chiamavamo “la nonna” perché era sempre gentile con tutti. Abbiamo dovuto convincerlo ad aumentare gli sforzi in allenamento. Gli mancava quello scatto mentale necessario che poi ha fatto trasformandolo da “nonna” in “professore”. Si è reso conto che ogni sessione di allenamento può essere divertente e da quel momento è rinato”.

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